LE ESEQUIE A SANT’ANTONIO A POSILLIPO VENERDI 19 POMERIGGIO – A soli 66 anni un male si porta via il gigante buono, una vita per lo sport, la famiglia, le amicizie. Andava a vela come affrontava la vita: senza risparmiarsi – UN RICORDO DI ROBERTO PERRONE CAPANO

La brutta notizia in agguato al mattino colpisce ancora. Il solito male subdolo ci strappa via un uomo, un amico, un atleta, un papà ancora nel pieno delle speranze per il futuro. Aurelio Dalla Vecchia aveva 66 anni e ha vissuto una vita di passioni come solo un carattere generoso sa fare: senza risparmiarsi mai. Figlio di Pippo, a sua volta atleta di classi olimpiche e dirigente storico della vela napoletana, nazionale e internazionale, da giovanissimo Aurelio (nome ereditato dal nonno, cronometrista sportivo) frequenta le vele e inizia a regatare sulle derive. Con il celebre Flying Junior Raja a soli 13 anni a Marsala si classifica settimo agli Italiani assoluti (all’epoca è la deriva di riferimento, sul percorso verso le classi olimpiche).

Un passaggio in 470 con Gianluca Lamaro, fugace perchè come prodiere è troppo pesante, e passa al Laser, gira l’Italia, poi sul Soling con Angelo Marino, e quindi forma uno degli equipaggi più longevi e rinomati della vecchia classe: con Gianluca Lamaro al timone, Aurelio a centro barca e Valerio Romano a prua. Un Soling dove si parla napoletano e dove si vince, ci si crede, si gira il mondo. Un giornale definisce Aurelio “il leone dello spinnaker”). Lamaro-Dalla Vecchia-Romano si qualificheranno per due Olimpiadi: Los Angeles 1984 e Seul 1988. Dieci anni e due Olimpiadi non si scordano facilmente.

Seul 1988, da sx: Alfio Peraboni, Roberto Perrone Capano (riserva), Valerio Romano, Aurelio Dalla Vecchia, Paco Wirz e Paolo Semeraro

Lo stesso Aurelio firma un articolo sul “Mattino” e scrive: “Le selezioni sono state durissime ma siamo riusciti a sbaragliare concorrenti molto bravi come Chieffi e De Angelis, timonieri di Coppa America.”

E a proposito della trasferta a Seul 1988 in Corea, scrive anche: “Probabilmente pagheremo un’ira di Dio per il sovrappeso dei nostri bagagli, ma abbiamo preparato una buona scorta di spaghetti, pomodori e forme di parmigiano per cercare di riprodurre in Oriente la cucina partenopea!”

Lamaro-Dalla Vecchia-Romano sul Soling

Aurelio è un ragazzone, alto e corposo, eppure agile, capace di emanare sempre energia positiva, a bordo come a terra. Gli amici lo ricordano indomabile nelle avventure in barca e sensibili ai valori a terra. Prediligeva le partenze in Giuria o la navigazione con mare grosso in altura. Lo raccontano capace di stare “anche 36 ore filate alla ruota, se sostenuto con sigarette caffè e cioccolata”, come alla Middle Sea Race del 2007 su Cippa Lippa, 60 nodi di vento e oltre 25 come media del log. Sempre rassicurante per i compagni di equipaggio, come quando appena 20enne passò la notte di bolina da Stromboli a Napoli in una violenta maestralata, al timone di Cuor di Leone. E c’è chi ricorda i suoi infiniti gesti di generosità verso chi aveva più bisogno.

La vela l’ha proseguita anche oltre l’Olimpiade: campione italiano Star nel 1985 a Bracciano a prua di Francesco De Angelis, bronzo europeo J24 a Napoli nel 1984 con “Santapazienza”, vincerà poi il titolo nel 1990 a Kiel. Anche tanta altura, come accennato. Una delle sue ultime e più frequentate imbarcazioni era Le Coq Hardi dei fratelli Pavesi. Ha fatto una Giraglia con l’innovativo Junoplano. Imprenditore, padre di una bella famiglia, non ha mai lasciato del tutto la vela. Con la moglie Gisella hanno avuto tre figli: Giuseppe, Giovanni e Pietro.

Il suo timoniere e grandissimo amico Luca Lamaro, oggi papà di Michele, capitano della nazionale di Rugby, lo ha salutato così: “I sentimenti, la passione, l’amore non muoiono mai… ciao fratello, un abbraccio… come sempre!”

Altri ricordi, altri saluti, altre immagini seguiranno, e cercheremo di raccoglierle e condividerle. Ciao Aurelio.

A Gisella e ai figli Giuseppe, Giovanni e Pietro, a tutta la famiglia, le condoglianze e gli abbracci della redazione di Saily, interpretando quelli di tutta la grande famiglia della vela.

I FUNERALI SI SVOLGERANNO A NAPOLI VENERDI 19 PRESSO LA CHIESA DI SANT’ANTONIO ALLE ORE 15 (O ALLE 16, ANCORA DA DEFINIRE)

Stromboli, 21 10 2007 Rolex Middle Sea Race 2007 Cippa Lippa ©Photo:ROLEX/Carlo Borlenghi – Aurelio unico a capo scoperto, si riconoscono Roberto Perrone Capano (cappello Blu), Agostino Randazzo angolo poppa sx, Maurizio Pavesi, Vittorio Papa, Riccardo Giordano

CIAO AURELIO
(UN RICORDO DI ROBERTO PERRONE CAPANO)

Alla nostra quota anagrafica, il caffè si beve spesso amaro. Da ieri, risveglio del 18 aprile 2024, la tazzina è una pietra accompagnata da una pinza che stringe lo stomaco, lasciandoci con 5 gomme a terra, ruota di scorta compresa.

Sul lungomare è in corso una tropea, quella emotiva, e dobbiamo accettare la scomparsa di Aurelio Dalla Vecchia, due olimpiadi come centro barca del Soling azzurro con Gianluca Lamaro e Valerio Romano; un titolo europeo J24 1987 al timone di Jet; un titolo italiano Star 1986 a Bracciano con Francesco de Angelis. Ancora una Middle Sea Race (in sigla MSR) 2005 su Atalanta, una Roma x tutti IRC 2011, vice campione mondiale ed europeo X41 al timone di Le Coq Hardì e migliaia di miglia percorse a vela sui campi di regata di tutti i mari con una passione infinita per il mare e la vela, gli amici, la buona tavola, i vestiti sportivi, solo eleganti.

Non siamo mai abbastanza preparati a questi fatti della vita, nemmeno quando il ciclone è previsto, come ad ottobre 2007 sulle banchine di Malta, in occasione della MSR. Sai già tutto, le boline della vita richiedono vele rigide e cuore metallico. Aurelio era il re della resilienza, abituato fin da bambino ai cicloni di papà Pippo, anche se simile d’indole alla madre Annamaria. Tutta dolcezza napoletana vecchio stile, e sempre un po’ “Maria” nella mia immaginazione di adolescente.

Fino a poche ore fa voleva sentir parlare di vela, e Francesco de Angelis gli inoltrava i video dei TP52, per distrarlo.  Soffro molto alle ossa, mi diceva. Non sei tipo da lamentarsi per poco, la risposta. Spiegalo tu ai terzi, la replica resiliente. Aurelio a prima mattina? Sempre con Gazzetta e Mattino sotto il giubbotto, rigorosamente Patagonia blu con felpa interna colorata in tono con la camicia, stirata da poco. In mano una guantiera con i cornetti di Ciro prima di ogni regata nel golfo, derive a parte.  Capace di stare 24 ore al timone in altura, e 48 senza dormire.

A livello personale, da adolescente della scuola vela del Circolo Italia, ho sempre visto Aurelio molto più grande di me, nonostante i soli 366 giorni di differenza a suo favore. Segno dello scorpione, festeggiamo a 24 ore di distanza ed abbiamo condiviso con pochi amici la mezzanotte del 18 novembre, come nel 2022 sul porto di Bacoli. Circa 100 kg contro i miei 60 a 14 anni, lui già esperto sui FJ. Mi accostavo al Circolo frequentando la 2^ media, disperato quando il turno pomeridiano impediva le uscite a vela, ma in banchina si raccontavano già le sue imprese sul Raja II, Flying Junior Galetti in compensato marino, e gioiello sociale: 7^ agli italiani di Marsala 1972, a soli 13 anni. Prestissimo appeso al trapezio con Gianluca Lamaro, allora enfant prodige al timone del 470 Roga giallo “vac’ e’ press”, o di quello verde scuro “Falco”, due fra i primi arrivati nel golfo. Minacciava di rientrare a nuoto in porto in caso di divergenze di vedute.  Poi il Nautivela scacco matto, rosso fuoco, della famiglia Montefusco (Gianluca è mente svelta, e capiva che quelle barche, agonisticamente, “deperivano” già dopo in 6 mesi).

Le diversità caratteriali e i differenti istituti scolastici, lui privato ed io pubblico, non ci hanno sempre accomunato in età dell’adolescenza, regate a parte. Al contrario nella maturità, intesa e complicità, piacevolezza e humour straordinario da parte sua. Il piacere di capirsi al volo senza parlare, sia in barca che in pizzeria, o alla sua scrivania al piano terra di piazza Sannazzaro. L’ultima volta poche settimane fa a colazione con Davide (Innocenti), Maurizio e Gianpaolo (Pavesi), accanto al suo lavoro, per non farlo camminare troppo. Saltata anche la partita a carte serale d’inizio aprile per i suoi dolori: la rifaremo? Speriamo fra molti anni, e con gli stessi amici del pozzetto dell’X41.

Dicevo di lui più grande da sempre, gigante buono. Non solo per la sua stazza, che gli permetteva di giocare a pallone con noi minuti appesi alla sua maglietta. Mai una reazione, mai un urlo o un fallo di gioco, solo pazienza e sorriso alternati a battute, anche taglienti ma riservate, per non offendere nessuno. Se però facevi qualcosa di sbagliato a bordo con lui, timoniere o pozzetto che fossi, erano fulmini e saette: una voce ereditata da Pippo più simile al rombo di un tuono che al ruglio dell’orso. Per molti, solo “Aurelione”: serafico, umano, silenzioso, goloso, sensibile, attento, il più grande incassatore di tensioni e attriti sportivi e non che abbia mai conosciuto.

Che bravo Aurelio in barca, nessun grande timoniere aveva vergogna di chiedere consigli a lui, principe dei marinai del golfo, e non solo. Gianluca Lamaro mi confidava su LSD, One Ton costruito da Galetti nel 1979 armato da Carlo Bixio, di aver imparato molto grazie all’esempio di Aurelio. Come a timonare di bolina con mare grosso. Punta l’onda e tagliala con la prua, poi poggi e riprendi un po’ l’angolo con il vento. Una gran fortuna averlo avuto tanto tempo insieme a bordo, derive e altura, come timoniere e amico. Gianluca è di poche parole, onesto, abituato a pedalare, non regala parole. Quelle di oggi valgono doppio, e nella chat fra velisti “maturi” del Circolo Italia di Napoli prima e sul quotidiano Il Mattino poi, dice: I sentimenti, la passione, l’amore non muoiono mai … ciao fratello un abbraccio … come sempre!

Eredità sportiva verticale dal nonno Aurelio, cronometrista e fondatore della ditta di famiglia, giunta viva sino a lui, con papà Pippo regista centrale e mamma Annamaria, martire nel nido di via Tasso dove oggi c’è il busto di madre Teresa di Calcutta; e dove c’era l’orto di casa con il mastino a 4 zampe di famiglia. Senza Aurelio il cambio gomme stagionale non sarà più un’occasione di allegria e libertà di pensiero.

Forse a 14 anni la prima barca a vela dislocante, una vera fede in famiglia: Marina della Lobra, omaggio di Pippo ai figli e al porticciolo-presepe della casa estiva di Massa Lubrense. Un sesta classe IOR in lamellare progettato dal consocio ing.Mino Simeone con il fratello Aldo, di qui il nome della splendida serie “Minaldo”, quando l’arte teneva testa alla tecnologia ed i foils, o meglio i milk foils erano solo dei dolci da tavola. Timoniere Carlo Bertorello, Aurelio e Claudio Pensa alle scotte, a prua spesso 2 persone. La fidanzata di Aurelio in cambusa, o sotto coperta; Piero Giordano sopra, a prendere per primo gli spruzzi, con Gennarino De Lella, capitano per noi e nostromo per gli amici genovesi, sempre a bordo, come Hargus di H. Potter.

Vincevano a man bassa, altra classe rispetto alla flotta.

Dopo il Flying Junior azzurro cielo Raja II, il 470 prima e il Soling poi a lungo Gianluca Lamaro e Valerio Romano, dal 1980 sino alle selezioni per Barcellona 1992 (tentativo isolato quanto improbabile con Aurelio al timone e Valerio), e tanta altura. Breve, ma di tutto riguardo, la parentesi del 1985 sulla Star: titolo italiano a Bracciano, con Francesco de Angelis al timone.

Il soling apre il cv sportivo con un bronzo vivo al mondiale di Anzio, esordio assoluto nell’estate 1981 dietro Vincent Brun, poi anche suo trainer per gli stage al vecchio CPO di Livorno, quello dei plasticoni Alpa arancioni. Due partecipazioni olimpiche, Long Beach (L.A.) 1984 e Pusan (Seoul) 1988, nella burrasca del Pacifico. Una preolimpica 1988 vinta alla grande a Medemblik, planando come matti a meno tre mesi dalle Olimpiadi. Se ci fosse stato poco vento, avrei scommesso su di una medaglia. Seguivo il loro specchio di poppa dal Soling Sarema, con Francesco de Angelis e Roberto Passoni.

Durante il servizio militare presso la Sezione Velica della Marina Militare a La Spezia, anche un primo posto alla settimana di Cannes, febbraio 1982, con Gianluca Lamaro al timone, me a prua in apprendimento “militare”. Cazzeatoni a valanga (ndr: rimproveri, in napoletano). Aurelio, ai suoi ordini di comandante 22enne, aveva me, un ragazzo di 21, meno esperto e anche leggerino per quella barca, pur se con gambe adatte a reggere il lasco alle cinghie, e solo ben distesi, per restare al di sopra del baffo d’acqua del soling. Inoltre allora aveva perso, pur se temporaneamente, il suo compagno di sport e tempo libero Valerio Romano. Quindi taciturno e abbottonato ma nel profondo incazzato nero per le circostanze, diciamo militari. A Cannes 1981, nel freddo di febbraio, davanti al russo Shaiduko, atleta di Stato, ed a tanti altri bei nomi, un gesto indimenticabile che rimando al prossimo capoverso. La piccola rivincita sportiva nei panni del nocchiero o marò, che dir si voglia? Sulla neve a Isola 2000, dove Aurelio guardava, e con Gianluca Lamaro portammo a casa il 1^ assoluto overall classi olimpiche della combinata sci-vela.

Un’istantanea sul cuore di miele di Aurelio: la sera, passeggiando sulla Croisette di Cannes scintillante con il cono gelato in mano, faceva l’elemosina ai clochard   accompagnati da un cane.  Carezze al suo animale preferito, e spiccioli al padrone. Tenero cuore nella scorza ruvida e allora timida del marinaio. Dicevo del cono gelato; lo accomuno nella mia memoria a Sergio Gaibisso, ex Presidente FIV alassino, sul podio dei golosi, e quasi sempre un paio di lunghezze avanti ad Aurelio. Parlando di gola, famoso il bar-Aurelio, esercizio commerciale privato nello stipo della bombola del gas a bordo di le Coq Hardì classe X41.  Pocket coffee, cioccolata, gianduia, kinder, biscotti e caramelle. Sigarette e accendino ovviamente, ma solo per la poppa, facendo incazzare l’armatore.

A La Spezia 1981-82, turni di guardia con il Soling in banchina a due passi.  Soling come allenamento e allo stesso tempo diversivo. Barca con cui partecipare a tutte le regate possibili con i colori della Marina Militare. Cerate gialle Henry Lloyd due pezzi per l’altura, e tute della MM bastavano per farci sentire a metà strada fra dilettanti e professionisti. Il polish, altra passione di Aurelio per il bianco che più bianco non si può. Quasi tutti i giorni sullo scafo per non stare fermi,…o quale scusa per evitare la guardiola. A La Spezia nasce anche l’amicizia di Aurelio con Luca Bontempelli, allora già fanatico di vela e spugna di racconti. Conoscitore profondo del CV sportivo di noi commilitoni. Stanza unica con circa 15 brande a castello e visite a sorpresa notturne del Capo Sezione per verificare che chi fosse di guardia non dormisse sulla sedia. Fermo qui il racconto, per decenza.

Studiavo diritto tributario nel cantiere della MM con difficoltà, fra sogni di evasione, libertà e ragazze “perse” causa leva. Aurelio cacciava bistecche di buona qualità in centro città, o un filetto pulito per sopperire al suo fabbisogno proteico, accompagnato da Luca Bontempelli.  Gianluca? pensava notte e giorno a come rendere più veloce il nuovo Bianchi e Cecchi federale “Sciabecco”, arma diversa rispetto agli scafi Abbot canadesi dominanti, allora senza contrasti efficaci.

Bianchi e Cecchi batteva le ultime produzioni, “azzannato” commercialmente dal cantiere bavarese Mader, che aveva soppiantato i liguri nella costruzione dei primi FD in kevlar, poi anche dei Tempest, come Cocker di Milone e Mottola, o “Impeachment” di Dalla Vecchia padre, battezzato così ai tempi del watergate americano.

Ricordo bene le escursioni chilometriche della sua scotta di spi in planata in poppa sul Soling (allenamenti pre olimpici di porto Massimo, con base a casa Carpaneda; e Pusan 1988, regata di prova con onde fra le quali scompariva anche l’albero del tuo avversario e le planate salate ci accecavano); i suoi mal di schiena perenni, in quanto fisicamente pigro, e troppo amante delle cose belle della vita per poter frequentare assiduamente una palestra. Infinita la sua calma in burrasca (One Ton Cup 1980, Middle Sea Race 2007), e la sua passione ai fornelli di bordo in condizioni estreme, grazie ad equilibrio gola e palato esigente più allenato della schiena. La sua eleganza, (primo sponsor del marchio Patagonia), il piacere del bel vestire, sempre casual. Le visite innocenti al casinò di Sanremo o Cannes, attento a non sprecare ma pronto a sfidare la fortuna. La sua amicizia fraterna con Valerio Romano, co-prodiere in Soling dal 1981 al 1992. Ora amico, a volte idolo e complice, sul finire anche tutor della sua salute, con Francesco Greco e Maurizio Pavesi sempre accanto a lui e famiglia.

Ammiravo anche la bellezza delle prima fidanzate di Aurelio, adolescenti come noi, miracolosamente anche coetanee, e “forzate” del mare per gite o tempo libero. Giuliana, Dinda, Myrta, ben prima della sua vera metà: Gisella, compagna e poi moglie salda e luminosa, dall’inizio degli anni ‘90. Tutt’altro che sciupa femmine, con un pieno di sensibilità e cuore emotivo, e 100% auto controllato. Le ragazze, più attente e mature di noi uomini, coglievano bene il suo profumo.

Accanto alle derive olimpiche, prima o unica materia di studio per Aurelio, seguiva l’altura. Magia II di Paolo Signorini, Fantasque di Corona-Panico, Benbow della famiglia Recchi. O Atalanta di Carlo Puri, primo in tempo reale e compensato alla Middle Sea Race del 2005 con skipper e primo timoniere Francesco de Angelis. L’altura lo vedeva sempre al timone. Le lunghe una grande passione, dove ogni traccia della sua indole pigra, dopo il colo di cannone, scompariva. Specialmente di notte, quando l’armatore si assopiva, e il cocktail di sensibilità esperienza e resistenza diventava un’arma preziosa.

Famosa la battuta in pozzetto diretta a un armatore facoltoso quanto tecnicamente novellino. “Aurelio come va?” gli chiede lo skipper, già famoso. Risposta: c’è una biscia che c’insegue! Riferendosi alla scia a zig-zag lasciata dalla barca, quando timonata dall’armatore.  Ed ancora “O’nofrio” per dire in codice o’nonno” al velista meno sensibile di lui. O la mimica del becco d’aquila, ad indicare un naso prominente o poco affidabile.

Pilastro del Cuor di leone di Mino Simeone alla OTC 1980, dello Scorpione della MM alla regata dei Mille, o sul Cippa Lippa di Gamucci alla Middle Sea Race 2006 e 2007.  Bronzo agli Europei J24 di Napoli dietro de Angelis ed Alberto Signorini, un podio targato Circolo Italia dai ragazzi allenati da Gennarino De Lella.

Dimenticavo tre trasferte storiche nel periodo dei J24, a metà degli anni ‘80:

– Southampton 1984 (GB) con furgone e carrello sociale, passando sotto l’arco di trionfo in cerca di un gommista che riparasse la gomma bucata del carrello, privo di crick. Con Raimondo Cappa, Walter Marino, i due fratelli Pavesi. Con una pala del timone rotta nella Manica, e il mal di testa per le maree;

– Nissan Marina (Tokyo) 1985, con Raimondo Cappa, i due fratelli Pavesi, me stesso. Francesco de Angelis al timone, ma anche artigiano per la rastremazione del bulbo di serie delle barche nipponiche, fra mille imprecazioni. Con Aurelio in cucina dello yacht club per preparare la carbonara, quando fu servita con tuorlo d’uovo fresco al centro, tipo pon pon, e rifiutata con sdegno. Un affronto al suo palato, viziato da mamma Annamaria, gran cuoca;

– Kiel 1990 per l’Europeo J24 al timone di Jet di Massimo Tucci, oro con Marina Iappelli, Bernardo Magrì, e Francesco Pisapia. Tutti dilettanti e, inutile dirlo, poco allenati. Con aria tesa, non c’era spazio per nessuno! La scuola napoletana J24 (e i kg di bordo) tenevamo testa a tutti, per esperienza e capacità, a dispetto di molte invidie, alcune ancora vive.

A fine carriera, al timone di Le Coq hardi dei fratelli Pavesi, dal 2009 al 2020, portando a casa un titolo italiano di classe (Palermo 2016) una Roma x tutti nel 2011, italiano altura nello stesso anno, e una serie innumerevole di campionati invernali. Sfiorando la Giraglia 2015, con una valanga di podi mondiali ed Europei X41, senza però mai centrare il gradino alto. Ora per sfortuna (italiano di Napoli 2013 con riparazione risolutiva attribuita alla barca siciliana di Bruni jr.), ora per la bravura dei ragazzi e degli armatori amici veneziani di Sideracordis, o Wbfive -chiedete pure voi lumi su questo  nome  poco comprensibile, timonata da Alberto Signorini. Entrambe invelate North e condotte professionalmente. Amicizia e spensieratezza, evasione e passione, un cocktail che nessuno di noi dimenticherà mai, con a bordo metà ragazzi e metà noi “maturi”, velicamente bravi e attivi quanto vicini alla “pensione” sportiva. Ma sempre tutti amici di famiglia, a dispetto delle differenze di età.

Dalla nascita o quasi, socio del Circolo Italia di Napoli, anche quando a casa sua c’era il terremoto. Papà Pippo, infatti, finnista e campione di Tempest, è stato per oltre 20 anni alfiere, Presidente, e faro del Real Club Canottieri Savoia di Napoli, il Circolo della porta accanto, pochi metri a ponente rispetto all’Italia. Celebri le frasi di Pippo, i suoi articoli, il suo soprannome di “mastino” in omaggio alla grinta ed ai cuccioli indigeni che allevava nell’orto di via Tasso. Ricordo il suo “sempre meglio una schiappa molto allenata, che un campione non allenato”, rivolto agli atleti meno solerti, e perfino ad un Francesco de Angelis attonito, 17enne, poco prima che vincesse l’Europeo Juniores in classe Finn. Memorabile anche l’articolo sul Mattino in ricordo della scomparsa di Bicchiere, nostromo dalla lingua tagliente come l’ossidiana, e papà del mitico Gennarino De Lella, allenatore dei ragazzi napoletani dell’Italia e tutor di Aurelio.

Negli ultimi mesi, mi diceva “voglio far le regate della Pacifico (ndr, 5 e 12 nov. ‘23) con voi su Aleph, il 60 piedi rossoblù. Mi metto al timone, se Picchio (Milone) mi cedesse il passo, spero… lo farebbe? O accanto a lui, alla tattica. Faccio come Bracchi, ti ricordi?” (Per chi non lo sapesse Bracchi era un bravo 470ista milanese, oggi fra i 60 ed i 70 di età, senza mobilità motoria, con il fratello prodiere che lo sollevava di peso e lo rimetteva a bordo in occasione delle scuffie sul lago di Garda. Una panchetta in polistirolo rivestito di cellophane gli consentiva di virare, unendo le due panche laterali alla stregua di un ponte forato al centro, per lasciar scorrere l’acqua).

 Se ne vanno spesso i migliori. Forse anche in cielo c’è bisogno di miele, visto come veleggia il mondo. Noi amici non possiamo fare altro che accettare il destino, stringendoci intorno ai suoi tre figli, giganti giovinetti con il viso spugnato. A Gisella, moglie solare e salda, sorretta da fede incrollabile, auguriamo di restare sempre tale, anche con Aurelio celeste anziché terreno. Alla famiglia d’origine, da Marco (insieme sul 470 per il trofeo A. Cornu del 1979) a Emanuele, oggi capitano del Pilgrim, veliero d’epoca del Tirreno.

Le ore 16 di oggi 19 aprile 2024 si avvicinano e saranno impegnative: una  bottadura, tutt’altro genere che Bottadritta (One Ton avversario, fam. Carpaneda). Chapeau ad Aurelio da tutti i velisti e marinai del mondo che lo hanno incrociato in mare. Di poppa, prima che di prua.  Bordeggia sempre con noi, ti vogliamo saper sempre a bordo, posto fisso accanto alla ruota.

Roberto Perrone Capano

LE COQ HARDI, Sail n: ITA 4149
Vittoria IRC Roma Per Tutti 2011 – Da sx: Vittorio Papa, Guglielmo Giordano, Stefano Mango, Maurizio Pavesi, Roberto Perrone Capano, Aurelione, Gianpaolo Pavesi, Francesco Spinelli, Pigi De Felice 

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