E TUTTI (PROPRIO TUTTI) GLI ITALIANI CHE L’HANNO FATTA – Nasce nel 1960, inventata da un navigatore mitico, quando barche e marinai erano assai diversi da oggi. Negli anni ha cambiato nome, ma percorso, vicende e protagonisti l’hanno resa mitica. Breve storia della regata che ha anticipato il giro del mondo

Altro che Oceano Italia, nel 1960 l’Italia e l’Oceano erano lontani, lontanissimi. Solo inglesi e francesi avevano navigatori, imbarcazioni e mentalità per pensare ad attraversare l’Atlantico. Eppure è anche grazie alla mitica Ostar, oggi Transat CIC, in partenza domenica 28 aprile, se la vela italiana ha scoperto e si è avvicinata alle regate oceaniche, fino ad arrivare oggi a essere una delle protagoniste. Ripercorriamo velocemente la vertiginosa storia della Ostar (nei suoi vari nomi), la più antica regata transoceanica della storia, con un occhio agli italiani che l’hanno fatta.

La prima regata intorno al mondo, la leggendaria Golden Globe Race in solitario, risale al 1968. La prima Transat sempre in solitario affonda le radici a oltre dieci anni prima: nel 1957 Herbert “Blondie” Hasler lanciò l’idea di una regata in solitaria attraverso l’Atlantico da Plymouth a New York, e tre anni dopo, il 10 giugno del 1960, cinque coraggiosi skipper davano inizio alla regata transatlantica Observer Singlehanded Trans Atlantic (OSTAR), nome derivato dal primo sponsor, il quotidiano britannico The Observer (!) partendo da Plymouth, peraltro non tutti nello stesso giorno, diretti a New York. Quell’esordio fu vinto da Francis Chichester con un tempo di 40 giorni. Chichester ha vita facile con un 40 piedi batte di appena 8 giorni proprio il colonnello Hasler, che corre con un 26 piedi armato con una vela da giunca cinese (foto)! Ma l’aviatore sei anni dopo batterà il record della circumnavigazione in solitario e diventerà Baronetto.

Come sono cambiati i tempi da quando un giornale quotidiano si permetteva il lusso di sponsorizzare una regata velica in solitario attraverso l’Atlantico! La Ostar è quadriennale, altro aspetto che la rende esclusiva e importante.

Quattro anni dopo nel 1964, quindici partecipanti, vince un altro mito della vela: Eric Tabarly, all’epoca appena 32 anni e già ufficiale della marina francese, sul Pen Duick II. La sua vittoria in una regata “inglese”, battendo per tre giorni proprio Chichester, apre letteralmente la finestra della Francia sul mondo dello yachting oceanico.

I PRIMI ITALIANI: CAROZZO E FAGGIONI – La Ostar cresce insieme al boom di interesse del mondo verso la navigazione e le regate sugli oceani. Nel 1968 (anno della Golden Globe) i partecipanti sono oltre trenta e per la prima volta figura un italiano: Alex Carozzo, che finirà non classificato, un destino simile al suo tentativo proprio nella Golden. Nel 1972 iscritti oltre cinquanta e c’è la prima grande impresa di un navigatore italiano: l’ufficiale della Marina Militare Franco Faggioni, con una barca ancor oggi sensazionale, il Sagittario, conclude nella top-10, al nono posto, in 28 giorni e 23 ore! E’ l’anno di un veliero pazzesco al via, il Vendredi 13, tre alberi e 40 metri, (128 piedi) portato da Jean Ives Terlain, giungerà secondo, battuto da Alain Colas con il Pen Duick IV.

Nel 1976 i partecipanti alla Ostar superano i centoventi, obbligando a introdurre un numero chiuso a quota 110. Vince ancora Tabarly, davanti all’inglese Mike Birch, che correva con un innovativo trimarano (The Third Turtle) di appena 32 piedi. Alain Colas batte ogni record e corre con una “nave” di 236 piedi e quattro alberi, il Club Méditerranée, finendo solo quinto assoluto e terzo di classe.

1976 BOOM ITALIANO – Proprio nel 1976, anche l’Italia scopre davvero l’oceano a vela. Partono in 11, un record ancora imbattuto: Carlo Bianchi con il 54 piedi Venilia, 12°; Ernesto Raab con il 41 piedi Carina; Edoardo Austoni con il 41 piedi Chica Boba; Ida Castiglioni, prima velista italiana a finire una transat in solitario, sull’Impala 35 Eva, in 37 giorni, solo quattro ore dopo Austoni, al 42° posto; Corrado Di Majo sul 37 piedi Tikka III; Angelo Preden con un 30 piedi di serie, il Caipirinha!; Ambrogio Fogar, da poco famoso per una circumnavigazione in solitario, al via con una delle sue provocazioni: un catamarano di 6 metri non pontato, Spirit of Surprise: sarà costretto a ritirarsi per danni alla barca; iscritti ma costretti al ritiro anche Edoardo Guzzetti col 45 piedi Namar V, Paolo Sciarretta sul 42 piedi Valitalia, Doi Malingri con il mitico CS & RB II di 60 piedi, Paolo Mascheroni con un Panda 31 di serie.

Nel 1980 si individua una lunghezza massima delle barche: 56 piedi, che poi saranno portati agli attuali 60. Edoardo Austoni col Chica Boba in 20 giorni chiude al 7° posto, migliore risultato italiano finora. Grande regata anche da parte di Pierre Sicouri con il 44 piedi Guia Fila, 15° in 22 giorni, arrivato appena 2 ore dopo Olivier De Kersauson con il 54 piedi Kriter VI! Quasi eroico Giampaolo Venturin, con un Cecco di serie di soli 26 piedi, in 38 giorni. E ancora Beppe Panada con il 56 piedi Mu Lat. Brutta avventura a lieto fine per Antonio Chioatto che scuffia con il trimarano di 36 piedi Mattia III e deve ritirarsi.

Nel 1984 i francesi dominano la scena con uno strapotere di nomi, sponsor e multiscafi (vanno per la maggiore) che segnerà un’epoca, nell’ordine Yvan Fauconnier con Umpro Jardin, Philippe Poupon con Fleury Michon (due trimarani), Marc Pajot con Elf Aquitaine II (catamarano), Eric Tabarly con Paul Ricard (trimarano con un accenno di foil, solo 40 anni fa!).

Edoardo Austoni ci riprova col Chica Boba di 60 piedi, ma pur essendo 3° tra i monoscafi è solo 19° in mezzo a tanti multiscafi. Sarà l’unico italiano di questa edizione, la giovane vela oceanica italiana pare sconcertata dal trend che arriva dalla Francia.

Nel 1988 la regata cambia nome in C-Star, i primi 12 sono tutti multiscafi, due italiani al via: Vincenzo Fontana con Moana Bip Bip di 45 piedi, e Franco Malingri con il Moana 39.

Nel 1992 altro cambio di nome in Europe 1 Star, la regata sembra snaturarsi, ma resta un palcoscenico di meraviglie, vince Loick Peyron con il trimarano di 60 piedi Fujicolor, in soli 11 giorni! Secondo Paul Vatine e terzo Francis Joyon (quanto sentiremo parlare di lui…) con la prima Banque Populaire, altro tri di 60 piedi… Laurent Bourgnon, Yves Parlier, Hervé Laurent, i francesi sfornano ormai una supernazionale della vela oceanica che annichilisce le altre nazioni, sfidarli sul loro terreno appare impossibile.

La vela italiana però schiera al via un giovane milanese che ha l’oceano nel destino, Giovanni Soldini. Con il 50 piedi Misco Computer Supplies arriverà 17° assoluto e 8° dei monoscafi, in 18 giorni e 4 ore. Non lo sappiamo ancora, ma è nata una delle storie più lunghe e affascinanti della vela italiana. In quella stessa edizione sono al via anche: Vittorio Malingri, con il Moana 60 del Vendée; Mauro Melis con il 30 piedi Prospect of La Spezia; Ciccio Manzoli con un altro piccolo 30 piedi Alberobello by Velscaf; Guido Oppizzi con il 33 piedi Joutsen; Franco Malingri con il Moana 27.

Nel 1996 sempre Europe 1 Star, tre trimarani sul podio, ma poi entrano in scena i 50 e 60 piedi delle nuove classi oceaniche. E due italiani piazzano nella top-10, sono ancora loro: Giovanni Soldini, quinto assoluto, secondo monoscafo e primo tra i 50 piedi con Telecom Italia (15 giorni e 18 ore), e Vittorio Malingri, settimo con il 60 piedi Anicaflash (16 giorni e 19 ore). Per la prima volta navigatori italiani mettono sotto tanti francesi e inglesi di grido! Corrono anche: Andrea Tellarini sul 30 piedi Megaptera; Ciccio Manzoli con il 30 piedi Golfo Tigullio, mentre devono ritirarsi Franco Malingri con Star Trek (33 piedi) e Gianfranco Tortolani con Città di Salerno (30 piedi).

La Europe 1 Star del 2000 è vinta da Francis Joyon in 10 giorni con il trimarano Eure et Loir che si batte con altri mostri come Franck Cammas, Alain Gautier… I monoscafi della classe 60 piedi (antesignani degli Imoca di oggi) fanno classifica a parte e vedono la vittoria (prima femminile) di Ellen MacArthur con Kingfisher. Giovanni Soldini con Fila è ottimo 5° tra i 60 piedi, davanti a gente come Michel Desjoyeux, Marc Thiercelin, Alex Thomson… Si vede, in preparazione per il Vendée Globe, un italiano di 56 anni, Pasquale De Gregorio, che sarà 4° tra i 50 piedi con il Wind (oggi Vento di Sardegna)! Fabrizio Tellarini vince nella classe 30 piedi con Excite; Ciccio Manzoli deve ritirarsi con il 33 piedi Cotonella danneggiato. Ritiri anche per Roberto Westermann con il 35 piedi Radiocuore, per Claudio Gardossi con il 35 Senza Confini e per Gianfranco Tortolani con Città di Salerno, recuperato da una barca appoggio.

La Ostar va un po’ in crisi e si divide in due nel 2004 col nome The Transat versione professionistica dell’iconica regata, affidata a un’altra organizzazione, vede una ridda di multiscafi ORMA 60, il successo di Desjoyeaux davanti a Coville e Cammas, con Giovanni Soldini settimo su TIM Progetto Italia, e un po’ di Italia anche per la sponsorizzazione di Sergio Tacchini a Karine Fauconnier,

LE VITTORIE ITALIANE! – Nel 2005 col nome Faraday Mill Ostar il club di sempre, il Royal Western Yacht Club of England, le ridona lo spirito originario di regata corinthian, per rispondere alla concorrenza di tanti eventi “pro”. Ed è l’anno giusto: vittoria italiana! L’impresa riesce al velista con il record di più Ostar partecipate: Franco “Ciccio” Manzoli, di Rapallo, conosciuto per i suoi alberi e le sue attrezzature, ma anche grande marinaio, vince con un trimarano di 40 piedi, Cotonella, in 17 giorni. Un trionfo doppio visto che è l’unico italiano. Una vittoria strameritata.

Si prosegue con anni pari e dispari due transat discendenti della stessa matrice ma diverse per impostazione. Nel 2008 si corre The Artemis Transat con tutti ORMA 60 e la vittoria di Loick Peyron, davanti a Armel Le Cleac’h e Yann Elies…

La Ostar 2009 corinthian vede 67 iscritti ma solo 31 partenti e affronta condizioni dure. Portiamo a casa il terzo posto di Roberto Westermann con il 40 piedi Spinning Wheel, il sesto di Luca Zoccoli col 35 piedi In direzione ostinata e contraria, l’11° di Marco Nannini con il 36 piedi British Beagle, oltre all’ennesimo ritiro di Gianfranco Tortolani, con Città di Salerno rovesciato.

La Ostar del 2013 vede un altro successo italiano con Andrea Mura e Vento di Sardegna, in una edizione che gli annali del club organizzatore definiscono “stormy race” (tempestosa). 17 partenti, 4 ritirati. Un copione che si ripeterà quattro anni dopo, nel 2017 con un’altra “perfect storm” e un’altra vittoria di Andrea Mura e Vento di Sardegna: 14 partenti, solo 5 arrivati. Tra i ritirati anche Michele Zambelli, che deve abbandonare il suo 31 piedi Illumia 12, che affonderà, ed è salvato da un elicottero del servizio di soccorso marittimo canadese. Mura è il secondo skipper a vincere due Ostar consecutive, dopo Loick Peyron (1992-1996).

The Transat è tornata poi nel 2016 col percorso classico Plymouth-New York dopo alcune edizioni concluse a Newport Rhode Island. Vince il protagonista del momento, Francois Gabart con Macif, trimarano Ultim, in 8 giorni di traversata alla media di 23,11 nodi!

Una storia lunga e un passato che, a riviverlo, fa compiere un salto nel tempo, le gesta di barche e marinai di allora e di oggi. Poi come tutti i grandi eventi sportivi, anche la Ostar tra cambi di nome, sponsor, organizzatori e percorso, in qualche modo è rinata come l’araba fenice. Se questa Transat CIC 2024 sia la vera erede di una epopea chiamata Ostar, come viene assunto, staremo a vederlo. Intanto parte da Lorient, ma poi arriva a New York. E comunque riunisce effettivamente gran oarte del meglio della vela oceanica del momento. In questo The Transat, con l’articolo che la distingue, è degna erede della Ostar. Ci sono Imoca 60 che nell’anno del Vendée sono prontissimi e tirati a lucido, sono i monoscafi volanti ormai quasi tutti con i foil. E ci sono i Class40, la classe più in crescita (con i Mini 650) degli ultimi anni. Barche nuove, tendenze di design, novità, skipper giovani emergenti, grandi nomi, tanti sponsor. E tanta Italia di qualità, dalle barche ai navigatori. Siamo nel 2024, siamo negli anni di Oceano Italia. E noi ve lo stiamo raccontando, ripartendo dalla storia che ci ha portato dove siamo oggi.

Dopo l’arrivo, le imbarcazioni Transat CIC saranno ormeggiate presso la ONE°15 Brooklyn Marina, nel cuore del Brooklyn Bridge Park, tra i moli 4 e 5 e vicino a Dumbo e Brooklyn Heights. È prevista una flotta di 33 yacht IMOCA 60 che includeranno molti dei più recenti progetti di foiling all’avanguardia in rappresentanza di nove nazioni diverse. Tra loro c’è Giancarlo Pedote con l’ultima evoluzione di Prysmian Group, visto navigare in modo veramente diverso dal precedente. Un lavoro notevole che dona nuove potenzialità alla barca. In generale questi ultimi Imoca 60 navigano con movenze impressionanti, ed è difficile immaginare come si possa vivere confortevolmente a bordo. Ci sono poi 13 degli ultimi Class40 e tra essi gli italiani Alberto Bona (IBSA) e Ambrogio Beccaria (Alla Grande Pirelli) legittimamente da mettere tra i favoriti per la vittoria.

James Harayda, residente in Inghilterra, 26 anni, sarà uno dei più giovani skipper della Transat CIC. Sta cercando di completare la sua qualificazione IMOCA per il Vendée Globe 2024-25 che inizierà a novembre. Harayda ha lanciato la sua campagna per la Vendée Globe 2024 all’inizio del 2022, concludendo alla grande la sua stagione di debutto con un ottimo risultato nella Route du Rhum, la prima grande regata transatlantica in solitaria di James da Saint Malo alla Guadalupa.

FORZA FRANCESCA! – L’italoamericana Francesca Clapcich (la chiamano così perché è vero, ma diciamo la verità: Franci è italianissimissima), skipper di UpWind di MerConcept, ha messo gli occhi sulla Vendée Globe 2028. “L’interesse per la vela d’altura negli Stati Uniti sta crescendo, grazie alla vittoria dell’11th Hour Racing Team nella Ocean Race – il primo team americano a riuscirci – e più recentemente al vasto pubblico che segue Cole Brauer nel suo Class40.

“L’arrivo della Transat CIC sarà un’opportunità per gli americani di vedere di più del nostro sport: regate ad alte prestazioni su barche da corsa all’avanguardia e ad alta tecnologia. La flotta è piena dei talenti più incredibili e seguirò la regata da vicino poiché il mio obiettivo a lungo termine è correre nel Vendée Globe 2028 – in solitaria, senza sosta, intorno al mondo”.

https://www.thetransat.com

Newsletter Saily