
E’ L’ARMATORE-TIMONIERE PIU’ VINCENTE DEGLI ULTIMI 10 ANNI – Il mondo delle classi one-design non ha segreti per il velista e notaio romano: in questa intervista racconta una carriera dall’Optimist alle classi olimpiche, svela alcuni “segreti” del mondo dei monotipi e anticipa la sua nuova mossa: il ritorno all’SB20
Sui campi di regata è noto con il suo Notaro Team, che gioca (si fa per dire, chiedete agli avversari) sulla sua professione: a 28 anni era già Notaio. Ma il fiuto per il vento e i bordi buoni ce l’ha nel sangue. Oggi Luca Domenici è considerato sui campi di regata una sorta di Mister One Design, per la sua capacità di salire e vincere su quasi tutte le classi monotipo e sportboat. E’ successo con J24, Este 24, Beneteau 25, Melges 20 e 24, SB20 e con il J/70, una striscia complessiva che ha pochi confronti con altri armatori-timonieri, perché ai risultati di vertice unisce proprio questa versatilità tra diverse classi e modi di navigare.

Il Luca Domenici 2025 prepara una virata alla ricerca di una nuova lay-line: cambio classe e ritorno su una delle barche del suo passato, l’SB20 (ex Laser SB3), ultra-monotipia, prestazioni, semplicità, versatilità, e da quest’anno scafi super grazie alla costruzione del cantiere Devoti. Un rilancio in grande stile, che prenderà le mosse in un weekend imperdibile ad Anzio il 29-30 marzo, con Luca Devoti e Luca Domenici che – insieme a parecchi notevoli nomi e personaggi della vela (hanno annunciato la presenza, tra gli altri, Caterina Banti, Mauro Pelaschier, Philippe Rogge, Michael Maier…) – incontreranno velisti, armatori, timonieri interessati a provare il nuovo SB20 (ce ne saranno due a disposizione, con offerte di lancio interessanti). Sentiamo la storia di Luca.



Come sei arrivato allo sport della vela, il tuo primo giorno in Optimist, le sensazioni delle prime uscite…
Sono arrivato allo sport della Vela grazie a mio padre al quale devo tutto, mi ha insegnato tutto e sta insegnando tutto anche a mio figlio Maurizio sull’Optimist. Le prime sensazioni meravigliose su un Optimist di legno seduto dentro navigando nel Golfo di Anzio, difficile dimenticarle, ti senti libero in una grande avventura che ha il mare come scenario.
Come è arrivata la scelta di avviare una attività agonistica, il ruolo del circolo, della famiglia, il tuo primo allenatore…
La scelta di iniziare l’attività agonistica nella vela è arrivata sempre da mio padre che poi è stato anche il mio primo allenatore. La famiglia mi è stata sempre vicino in questa e altre scelte. Mia madre mi ha sempre coccolato, la ricordo che ci aspettava al rientro a terra, insieme a mia sorella Cristina sempre presente ed entusiasta. Mio padre mi ha trasmesso la passione per il mare e per il vento, le regate, la competizione e la voglia di vincere. Mi diceva sempre “denti sul bottazzo fino all’arrivo”.

L’Optimist: è la classe giovanile più diffusa e formativa, praticamente senza alternative. Cosa hanno significato per te gli anni in Optimist, cosa ti hanno dato ed eventualmente cosa ti hanno tolto?
L’Optimist è sicuramente la barca che mi è rimasta più nel cuore. Svelo un segreto: mi piace tuttora navigare con l’Optimist, a volte quando esco con mio figlio con la scusa di fargli vedere qualche virata con rollio o qualche strambata, salgo a bordo e mi sembra di tornare indietro nel tempo!
Quel guscio di noce, e poi anche il Laser sul quale sono passato dopo, mi ha consentito di girare l’Italia e poi il mondo per Mondiali o Europei, i giochi del Mediterraneo… Per questo ancora oggi l’Optimist è l’emozione velica più grande e con ricordi indelebili.
Cosa mi ha tolto l’Optimist? Forse qualche serata in giro, qualche spazio di divertimento, qualche discoteca? In realtà non sento di aver perso niente perché è assai più forte la gioia delle vittorie e quella di grandi regate internazionali con la squadra nazionale o i raduni al CPO di Livorno… Veramente ricordi meravigliosi e una scuola di vita.
Continuiamo la tua storia. Dopo l’Optimist, il Laser, altra barca formativa: i tuoi ricordi di quegli anni e la maturazione come velista
Dopo l’Optimist, un po’ di Moth Europa con un titolo juniores e la partecipazione a un Europeo e poi il Laser, un grande amore! Ho fatto due Mondiali Youth, al tempo a quel mondiale ci andava il primo di ogni nazione, ho avuto l’onore di regatare anche contro Ben Ainslie e rappresentare l’Italia per due edizioni, a Gargnano e a Maraton Bay. In quegli anni ho vinto due Italiani Under 21, un terzo all’Italiano assoluto del 1995 e quindi all’Italiano del 1996 ho finito secondo dietro a Checco Bruni, nella sua Mondello! Mi hanno chiamato a Genova per continuare la campagna olimpica ma nel 1998 a 22 anni mi sono laureato e ho iniziato a studiare per il notariato, i miei allenamenti di tutti i giorni e i raduni a Livorno con Valentin Mankin ne hanno risentito anche se ho continuato il Laser a livello olimpico fino al 1998. E’ una barca meravigliosa e molto dura e fisica, per fortuna avevamo un preparatore atletico come Andrea Madaffari. Sono stati begli anni, formativi.

La scelta successiva: il mondo dei monotipi, la vela one-design. In fondo è in continuità con lo spirito Optimist e Laser.
La scelta dei monotipi è sicuramente in continuazione con Optimist e Laser, poi essendo diventato notaio giovanissimo, ho iniziato subito con i monotipi prima al timone del J24 dove ho vinto diverse nazionali e poi facendo anche il tattico sul Beneteau 25 e Melges 24. Poi si arriva al Melges 20, bellissima barca e bei ricordi: un titolo europeo e la vittoria del circuito Audi, un anno in SB20 e quindi gli anni di J/70, con podio al Mondiale dei record a Porto Cervo, titolo Europeo a Monaco e due circuiti Italiani e titolo tricolore nel 2024.
La scelta del One Design è dettata dal regatare tutti ad armi pari, dove a prevalere è il cosiddetto “manico”, perché come dice qualcuno: “puoi comprare tutto ma non puoi comprare il manico” e quindi la vera vela è One Design, tutti ad armi pari e tutti sulla stessa barca, l’emozione dell’ingaggio, della partenza, dei giri di boa, di arrivare a vincere sull’ultima onda e al photo-finish. E’ l’adrenalina unica dei monotipi.

Tra tante classi come hai fatto le tue scelte, visto che ne hai provati tanti?
La mia scelta è stata sempre dettata dalla classe più in auge nel momento, la più diffusa e frequentata: prima il J24 poi il Beneteau 25, quindi Melges 24 e il Melges 20… Ne ho provati tanti, ho sempre cercato di andare nella flotta più partecipata e dove c’erano più barche, perché venendo dall’Optimist e dal Laser mi piace sempre la competizione con tantissime barche. Il clou è stato al Mondiale dei record sul J/70: terzo e primo degli italiani e degli europei. L’attenzione è sempre andata alla flotta che in quel momento consentiva di avere un livello agonistico più elevato e più campioni con i quali confrontarsi.
Sei tra gli armatori-timonieri più vincenti di sempre sui monotipi. Secondo te perchè? Cosa serve per eccellere, in acqua e a terra…
Sono abituato sin da piccolo a regatare solo su monotipi perché mi è sempre piaciuto l’ingaggio, la sfida one-to-one. Per eccellere: a terra serve un grande team, l’affiatamento, l’armonia, la sintonia con il tuo team, riuscire a creare un gruppo di amici che va d’accordo e che si confronta, volto sempre a migliorare, come dico io “Ad Maiora Semper!” In acqua bisognerebbe arrivare quasi a non parlarsi, a capirsi con gli occhi, ognuno deve sempre fare il suo e rispettare il ruolo dell’altro, trovando un confronto e scelte condivise, questo è il segreto per vincere.



Pregi e difetti del mondo one-design…
Tra i pregi sicuramente il fatto di competere in teoria tutti ad armi pari e con barche uguali. Quindi le partenze affollate, la decisione di dove partire di dove bordeggiare, gli ingaggi con più barche tutte delle stesse dimensioni e di velocità simili. Per i difetti userei una battuta: “tu vuoi fa’ l’americano, ma sei nato in Italy”… per dire che ogni tanto qualcuno vuole fare qualcosa che non deve essere fatto e quindi è bene che ci siano sempre dei controlli serrati di stazza per garantire sempre barche identiche che facciano prevalere le capacità del timoniere e dell’equipaggio.
L’ultimo capitolo è il ritorno alla classe SB20, che già conoscevi, oggi costruita da Devoti Sailing. Perchè questa scelta?
Sono stato sull’SB20 per un anno, vincendo due Nazionali a Numana e a Malcesine con il mio amico Roberto Benamati. E’ stato un anno bellissimo. La classe SB20 a livello internazionale e ancora molto viva, a Dubai si fa l’invernale con tante barche, anche a Singapore all’ultimo mondiale c’erano tante nazioni. In Italia la Classe deve essere rilanciata e ci auguriamo di farlo grazie anche a Luca Devoti e Devoti Sailing per ricreare un monotipo ad armi pari e con tantissime barche. La volontà è che possa esserci un gruppo di velisti di qualità che anche a terra sappia come divertirsi…

C’è tanta attesa per l’evento di Anzio sabato 29 e domenica 30 marzo: si potranno provare i nuovi SB20, ci saranno bei nomi della vela, si rilancia l’attività con un Circuito italiano e la proposta di ospitare un Mondiale in Italia nel 2028. Cosa possiamo aspettarci?
Il weekend di Anzio sta prendendo forma oltre le aspettative! Interverranno varie autorità e istituzioni e tanti personaggi che fanno parte di quello che chiamiamo il Gotha della vela italiana. Per ristare insieme, per provare questo monotipo e ricreare un circuito italiano. L’appuntamento è alla Lega Navale di Anzio, ma tutti i circoli collaborano. C’è un modulo per iscriversi alle prove e alla festa di sabato, è tutto gratis.
La volontà dichiarata è quella di portare subito un campionato Italiano ad Anzio nel 2025, il sogno di fare sempre ad Anzio il Mondiale nel 2028 con centinaia di barche! Quello che possiamo aspettarci di sicuro è che quella che è già un’ottima barca migliori dal punto di vista tecnico, strutturale e qualitativo con la costruzione di Devoti Sailing, e anche per questo rilanciare la Classe, portarla ad avere un proprio circuito nazionale il più partecipato possibile. Perché nel monotipo più siamo e meglio stiamo, vi aspettiamo ad Anzio il 29-30 marzo!


INTERVISTA A DOMENICI E DEVOTI SU SAILY TV
