
ESCLUSIVO: DALL’INTRODUZIONE ALL’OTTAVA EDIZIONE DI “SOLO INTORNO AL MONDO” – Il grande scrittore svedese ci regala una lezione di letteratura di navigazione e spiega perchè il libro del navigatore e scrittore statunitense che racconta l’avventura dello Spray ha cresciuto e crescerà generazioni di velisti – IL LIBRO DA NUTRIMENTI E UN FILM D’ANIMAZIONE (TRAILER)
Le leggende non muoiono mai, semmai intensificano e rafforzano la loro carica simbolica e di attrazione. Joshua Slocum, il primo velista solitario intorno al mondo, ha ispirato e formato con la sua avventura a fine Ottocento e con il suo libro immortale “Solo intorno al mondo”, migliaia di appassionati e velisti. Quel libro – una vera “Bibbia” della vela – torna in libreria con l’ottava edizione per Nutrimenti Mare, arricchito da una imperdibile introduzione del grande scrittore svedese Bjorn Larsson, di cui Saily è in grado di anticipare alcuni brani. Un piccolo-grande saggio di letteratura e passione del mare.
FILM PIU’ LIBRO CON PERFETTO TEMPISMO – Ma c’è di più: l’uscita della ristampa di Slocum arriva in contemporanea all’uscita dell’ultimo film del maestro d’animazione Jean-François Laguionie, Una barca in giardino, nei cinema dal 13 febbraio e distribuito da Trent Film, che narra la straordinaria vicenda, ambientata nei primi anni Cinquanta sulle rive del fiume Marna non lontano da Parigi, di François, un ragazzino che osserva con curiosità il progetto che sta prendendo vita nel giardino di casa sua. Suo padre Pierre vuole infatti costruire una replica della celebre imbarcazione del marinaio Joshua Slocum, il primo a compiere il giro del mondo in solitario a bordo di una barca a vela, il leggendario Spray. Mentre la costruzione procede, il giovane François passa dall’infanzia all’adolescenza, in una Francia segnata dal dopoguerra. Non perdetevelo, e non perdetevi la ristampa del libro.
VIDEO: IL TRAILER DEL FILM
Insomma proprio quando il decimo Vendée Globe, la regata dei solitari intorno al mondo, si sta concludendo, cinema e letteratura rilanciano il valore profondo dell’impresa e dell’opera di Slocum (il cui nome fu anche quello della barca di un altro mito della navigazione, Bernard Moitessier). Se il film è da vedere assolutamente, il libro è un vero e proprio “must”. Sin dalla sua uscita a New York nel 1900, il racconto del grande navigatore americano è diventato immediatamente un libro di culto, capace di conquistare sempre nuovi lettori e ispirare generazioni di viaggiatori.
La riedizione di Nutrimenti Mare, uno degli editori italiani più attenti alla vela, è impreziosita dalla introduzione di un’altra penna intrisa di onde d’oceano, Bjorn Larsson. Tra Bjorn e Joshua il libro è un viaggio straordinario nel possibile. Lo svedese, studioso e autore di saggi proprio sui libri di mare, spiega qui perchè un’opera letteraria è da considerare fondamentale ancora oggi, a 125 anni dalla sua uscita.


ESCLUSIVA SAILY – L’ESTRATTO DALLA INTRODUZIONE DI BJORN LARSSON A “SOLO INTORNO AL MONDO” – Nutrimenti Mare (acquistabile qui)
(…) A quel punto il seme del sogno era piantato: anch’io un giorno avrei navigato per conto mio sull’oceano. Certo, di strada da fare me ne restava parecchia: ancora non sapevo navigare. Quando tornai in Svezia, feci quello che facevo di solito quando volevo realizzare un sogno, che si trattasse di vivere sott’acqua sulle tracce di Cousteau o diventare scrittore seguendo quelle di Hemingway: andai in libreria.
Fu lì che incontrai Joshua Slocum e il suo Solo, intorno al mondo. La copia con le pagine ormai ingiallite e la copertina logora che mi ha seguito di barca in barca nella biblioteca di bordo risale al 1977, l’anno stesso in cui il libro uscì in Svezia per le edizioni economiche En bok för alla, all’abbordabile prezzo di cinque corone, anche troppo poco per un libro che mi avrebbe cambiato la vita. Il racconto che Slocum fa della sua idilliaca circumnavigazione del globo – perché quello è l’aggettivo giusto per descriverla, malgrado la fatica e le difficoltà – fu una vera e propria rivelazione.
Trovai espressa nero su bianco una possibilità di vita che fino ad allora avevo solo intuito da lontano: era davvero possibile navigare intorno al globo da soli, sulla propria barca, con la propria casa sotto i piedi, se pure non sulla schiena come le chiocciole? A quanto pareva, sì.
All’epoca non potevo sapere quanto fossi stato fortunato a incappare proprio nel libro di Slocum. In seguito ho letto un gran numero di racconti di viaggi per mare – all’inizio non tanto per alimentare il sogno quanto per compensare la mia carenza di esperienza: per parecchio tempo ero più informato sulle onde gigantesche e le tempeste che imperversano attorno a capo Horn che su come si issa una randa o si prende una mano di terzaroli – ma pochi mi hanno comunicato il piacere della lettura e la gioia di vivere di Solo, intorno al mondo.
(…) Nomi come Moitessier, Vito Dumas, Robin Knox-Johnston, Ellen MacArthur e lo stesso Slocum non figurano nei volumi di storia o critica letteraria dedicati alla letteratura di viaggio. I racconti di navigazione non vengono mai recensiti sulle pagine della cultura, ma solo sulle riviste di vela. Con poche eccezioni, vengono anche pubblicati da editori specializzati in campo nautico, a differenza per esempio di autori come Claudio Magris, Paul Theroux o Bruce Chatwin. Sembra quasi che i racconti di navigazione abbiano una loro vita parallela alla letteratura, come se non ne facessero affatto parte. Viene da chiedersi perché.
(…) Se paragonati ad alcuni classici della letteratura di viaggio in cui il mare gioca un ruolo di primo piano – Lo specchio del mare di Conrad, Sull’acqua di Guy de Maupassant e gli incomparabili Resor utan mål e Kap farväl! di Harry Martinson, per esempio – i racconti di navigazione fanno in genere una ben magra figura in quanto a profondità esistenziale.
(…) Ma naturalmente la maggior parte dei racconti di navigazione non intende affatto immergersi nelle profondità della natura umana; il loro obiettivo è diverso, ovvero alimentare i sogni di altri velisti e dare consigli e suggerimenti su come realizzarli. Niente di male, naturalmente. Tutt’altro. Tra quelli che vengono pubblicati – che sono solo la punta dell’iceberg di quelli inviati alle case editrici – ce ne sono molti che vale la pena leggere, alle loro condizioni.
(…) Tra questi si possono citare La lunga rotta di Bernard Moitessier, Med Tua-tua runt jorden dello svedese Carl-Göran Cederström o 18.000 sømil midt i verden del danese Jan Eske Bertelsen: libri che, oltre a essere diari di bordo dettagliati e coloriti, riescono anche a trasmettere l’immagine di come il velista stesso viene messo alla prova e trasformato psicologicamente dalle sue esperienze.
Tra questi classici della letteratura di navigazione, Solo, intorno al mondo di Joshua Slocum occupa un posto speciale, e non soltanto – e nemmeno principalmente – perché è stato il primo. Non è nemmeno grazie al suo stile scorrevole e sicuro, anche se Slocum scrive in una prosa tesa ed efficace, senza mai ricorrere a esagerazioni o a fiorite metafore. Arguzia ed essenzialità sono le caratteristiche che definiscono meglio la sua voce narrativa. Slocum ha un notevole senso dell’umorismo, ma senza mai esagerare: “Le bistecche di tartaruga, comunque, erano buone. Non ebbi mai di che lamentarmi del cuoco, ed era una regola di bordo che il cuoco non avesse da lamentarsi di me. Non è mai esistito un equipaggio che andasse così d’accordo”.
Durante la lettura si sorride spesso, ma raramente si scoppia a ridere, anche se a volte ci si arriva vicini. A Città del Capo Slocum scopre che è scoppiata la guerra ispano-americana e viene messo in guardia dal pericolo di essere catturato dalla flotta spagnola. Alcuni giorni dopo, mentre fa vela verso gli Stati Uniti, incrocia la corazzata americana Oregon, che issa il segnale CBT per chiedere se Slocum abbia visto qualche nave da guerra nelle vicinanze. Dopo aver risposto di no, Slocum segnala a sua volta: “Rimaniamo uniti per reciproca protezione”! Il segnale rimane senza risposta.
Nessuno può circumnavigare il globo senza la sua dose di tempeste e onde di altezza vertiginosa, nemmeno il capitano dello Spray. Ma Slocum non perde mai la testa: ci è già passato, anche se non da solo su una barca a vela di undici metri varata quasi cent’anni prima, e sa che una volta che è in ballo, deve ballare. Non se la prende mai con il mare, per maledirlo o rivolgersi a qualche potenza celeste che gli salvi la pelle. Anzi, sminuisce sempre le proprie imprese:
“Cercai di paragonare la mia situazione a quella dei vecchi circumnavigatori che avevano seguito esattamente la stessa rotta dalle isole di Capo Verde anche nei tratti precedenti e seguenti al punto in cui mi trovavo, ma non mi fu possibile riscontrare delle somiglianze, almeno fino a quel momento. Le loro pene, le loro romantiche evasioni – erano uomini che sfuggirono alla morte o a gravi sofferenze – non si adattavano alla mia esperienza di navigatore solitario attorno al mondo. A me non resta che raccontare esperienze piacevoli, che giungono a essere banali e prive di interesse.”

Di fronte a un’affermazione del genere, il lettore si ferma incredulo. Se c’è qualcosa con cui difficilmente si può essere d’accordo, è che la circumnavigazione di Slocum sia ‘banale’ o ‘priva di interesse’. Ma forse è proprio questa una delle ragioni della fascinazione, quasi dell’affetto, che si finisce per provare per il suo racconto, e per l’uomo che l’ha scritto.
(…) Anche lasciando da parte l’indubbia abilità di Slocum nel descrivere ciò che vede e vive, sono convinto che siano le sue caratteristiche personali, il suo atteggiamento verso la vita, il mare e la vela, a rendere il suo libro una lettura così piacevole, e la sua navigazione così esemplare e ispiratrice. La prima cosa che colpisce il lettore è che Slocum non giudica né condanna mai le persone che incontra durante i suoi viaggi, nemmeno i pirati che lo inseguono nel Mediterraneo o gli indigeni che gli fanno la posta nello stretto di Magellano. Perfino il presidente Krüger, che a Città del Capo cerca di convincerlo che la terra è piatta, viene descritto con divertita indulgenza.
Non c’è ragione di dubitare della perizia di marinaio di Slocum, sebbene lui non se ne vanti mai, nemmeno fra le righe. Dà parecchi esempi della sua determinazione e presenza di spirito, senza mai farne un affare di Stato, come quando viene sorpreso da un’onda anomala e ammaina prontamente le vele prima di aggrapparsi alle drizze e da lì osservare come “la montagna d’acqua sommerse l’imbarcazione”. Malgrado ciò, non si vanta di essere riuscito a salvarsi, ma ne attribuisce il merito alla sua barca: “Tuttavia l’incidente, che mi riempì di paura, rimase un’ulteriore prova della resistenza dello Spray alla furia del mare. Mi diede qualche sicurezza in più in previsione delle dure condizioni di capo Horn”.
Un’altra prova della sua determinazione, anche se il termine non gli rende merito, è l’attraversamento dello stretto di Magellano sotto incessanti venti di tempesta. Per ben sei volte venne risospinto indietro, una delle quali dopo aver doppiato capo Horn, e nel frattempo doveva continuamente guardarsi dagli indigeni che circondavano lo Spray non appena il vento calava a sufficienza da mettere in mare le loro canoe. Slocum non lo scrive mai a chiare lettere, ma entra nello stretto di Magellano l’11 febbraio e vede i monti della Patagonia sparire a poppa dello Spray il 14 aprile. In altre parole, gli ci vollero più di tre mesi di lotta dura e faticosa contro gli elementi per attraversare lo stretto a vela, perché ovviamente lo Spray non era dotato di motore. Non va nemmeno dimenticato che quando si era imbarcato nella sua avventura Slocum aveva passato i cinquanta, all’epoca un’età considerevole.
(…) Ma di tutte le (buone) qualità che Slocum possiede, quella che ha lasciato un’impressione più persistente, almeno su di me, è il modo con cui affronta la solitudine. Slocum non fa segreto di aver nutrito dei timori, al momento di partire. Non è chiaramente un eremita che sfugge i rapporti sociali. “Provatevi a non avere un amico, e vedrete cosa vi capita!”, scrive laconicamente a un certo punto. Si stupisce della cordialità e della disponibilità che lui e la sua barca incontrano a terra, perché è questo che gli succede, ad anni luce di distanza da quanto accade oggi alla maggior parte dei velisti che solcano gli oceani su barche comprate ed equipaggiate per parecchi milioni. Il lettore però non ha dubbi: Slocum incontra tanta cordialità e disponibilità perché è la persona che è.
(…) Ma quello che Slocum riuscì a dimostrare fu proprio che era possibile attraversare in solitaria gli oceani e tornare a casa per raccontarlo, anche su una piccola barca, sempre se si sapeva cosa si stava facendo. Non posso esserne certo, ma credo proprio che sia stato Solo, intorno al mondo a piantare il seme che in seguito ha spinto tanti altri ad avventurarsi da soli in mare, alcuni per l’esperienza in sé, altri per vincere una regata o battere un record di velocità.
Il racconto di Slocum dà al lettore una sensazione di libertà a cui è difficile resistere.

Ecco cosa scrive dopo aver lasciato Ascensione per iniziare l’ultima tappa verso casa: “Ero destinato a navigare in totale solitudine, ma questi eventi non ebbero conseguenze su di me; al contrario il mio spirito caritatevole e la mia benevolenza si rafforzarono in virtù delle meditazioni fatte nelle lunghe ore passate in mare”. Quale navigatore solitario o anche marinaio d’acqua dolce non si augurerebbe un destino del genere?
Quando mi hanno proposto di scrivere questa introduzione, ho accettato senza esitare un secondo (…) avrei avuto l’occasione di rileggere il libro di Slocum, che non aprivo da tempo. Prima di farlo, però, pensai a cosa mi era rimasto impresso dalle letture e riletture di qualche decennio prima.
Era più di quanto credessi in un primo momento. Ricordavo chiaramente la scena in cui Slocum si arrampicava sull’albero maestro e vedeva lo Spray scomparire sotto di lui ricoperto dalle massa d’acqua. Non avevo dimenticato nemmeno il pilota della Pinta, così come i chiodi da tappezziere che aveva sparso sul ponte mentre era all’ancora nella Terra del Fuoco, per dare una bella lezione agli indigeni assetati di sangue… come in effetti accadde. Ricordavo anche la lotta di Slocum per attraversare lo stretto di Magellano e la luce che circonfondeva la sua esistenza nei giorni in cui lo Spray, con il tempo bello e il vento a favore, fendeva il Pacifico o l’Oceano Indiano.
Nello Specchio del mare Conrad, un altro che sa bene di cosa parla, sostiene che i naviganti in genere non amano il mare, come piace romanticamente credere ai marinai d’acqua dolce: lo temono e lo rispettano. Al contrario, nutrono un amore profondo per le proprie navi, anche quando si tratta di ignobili bagnarole tenute insieme solo dalle tante mani di vernice. Conrad sottolinea anche che l’amore che si prova per una nave è diverso da tutti gli altri tipi d’amore, perché non ha niente a che vedere con il possesso. I marinai farebbero qualsiasi cosa per salvare una nave in difficoltà, compreso mettere a rischio la propria vita, anche quando non hanno in ballo alcun interesse economico.

(…) Sono anche del tutto d’accordo con Slocum quando parla dell’affetto e del rispetto che prova per la sua piccola imbarcazione, undici metri bompresso escluso, che lo portò sano e salvo attraverso tempeste e onde alte come montagne.
Ma su un punto lo Spray si differenzia da tutte le barche su cui ho navigato o di cui ho anche solo sentito parlare: aveva una stabilità di rotta fenomenale e poteva navigare in autonomia per miglia e miglia, se aveva le vele ben regolate. Ecco cosa scrive Slocum dell’ultima traversata dell’Atlantico: “Era stata una navigazione deliziosa. In quei ventitré giorni non ho passato più di tre ore al timone, includendovi il tempo impiegato a bordeggiare nel porto delle Keeling. Mi limitavo a bloccare la barra lasciando andare la barca. Non faceva differenza se il vento soffiasse al traverso o di poppa: l’imbarcazione teneva la sua rotta”.
Roba da far morire d’invidia i navigatori del giorno d’oggi, che non possono lasciare il timone più di un minuto o due prima che la loro barca vada all’orza o peggio ancora alla poggia, a rischio di una bella strambata.

(…) Da allora sono state costruite parecchie repliche dello Spray, tentazione a cui ha ceduto, tra gli altri, anche un mio caro amico. Ma per quanto le repliche abbiano ereditato alcune delle buone qualità e della stabilità dello Spray, nessuna, che io sappia, si è mai davvero avvicinata all’originale. Anche senza voler tirare in ballo le moderne barche con sovrastrutture grosse come caravan e la chiglia corta, che hanno bisogno di autopiloti o timoni a vento per dare un attimo di tregua allo skipper e all’equipaggio, nemmeno le barche a vela d’altura a chiglia lunga sono esenti da questo difetto: alcune tendono tanto all’orza che dopo un paio d’ore al timone bisogna aiutarsi con il ginocchio per riuscire a opporre resistenza.
In inglese si dice che per essere adatte alle lunghe navigazioni le barche a vela devono avere due caratteristiche: devono essere sea-kindly e sea-worthy, letteralmente ‘gentili con il mare’ e ‘degne del mare’, ovvero, tradotto più liberamente, maneggevoli e marine. Per essere definite sea-kindly, devono avere il timone leggero, essere stabili di rotta e sapersi muovere con dolcezza tra le onde senza piantarsi. Per essere definite sea-worthy, non devono imbarcare acqua se qualche onda si abbatte in coperta, devono essere in grado di resistere a un arenamento senza perdere la chiglia e non disalberare in caso di vento forte o scuffiata. Lo Spray possedeva entrambe le caratteristiche, e ad altissimo livello.
Forse però una qualità gli mancava, anche se Slocum non ne fa mai menzione, ovvero la bellezza. Ma progettare e costruire una barca che abbia tutte e tre queste caratteristiche è probabilmente impossibile. La barca a vela perfetta non esiste, così come non esiste il racconto di navigazione perfetto. Ma lo Spray e Solo, intorno al mondo arrivano comunque parecchio vicino alla perfezione. Ed è già molto, anche se probabilmente il libro di Slocum non verrà mai considerato un capolavoro della letteratura.
Concludo con le ultime parole del libro, che riassumono così bene la sensazione che si ha leggendolo:
“Sono stati sempre giorni felici, ovunque la mia barca veleggiasse”.
(Si ringrazia l’editrice Nutrimenti Mare per la gentile concessione del testo dell’introduzione di Bjorn Larssson a “Solo intorno al mondo” di Slocum, dal quale sono stati tratti gli estratti pubblicati da Saily.it)

