
Panasonic, Bridgestone e Toyota lasciano il Comitato Olimpico Internazionale. Un duro colpo alle casse del movimento olimpico, sintomo di rinnovamento o presagio di una crisi per l’evento sportivo più importante al mondo?
La defezione delle scorse settimane dei tre colossi giapponesi ha mandato in tilt il dipartimento finanziario del Comitato Olimpico Internazionale: l’abbandono di tre degli attuali quattordici membri del programma TOP di punta del CIO, tutti con sede in Giappone, sembra non essere buona notizia. Come impatterà la partenza di questi tre giganti giapponesi sulle partnership olimpiche? È il sintomo di criticità importanti o rappresenta solo una semplice rotazione degli sponsor TOP?
The Olympic Partner, TOP sponsor, viene descritto come “un modello di finanziamento unico che stabilisce partnership commerciali a lungo termine a beneficio dell’intero movimento Olimpico”. Il Comitato Olimpico Internazionale è sostenuto da tre pilastri fondamentali: diritti televisivi, alleanze strategiche e, soprattutto sponsorizzazioni, in particolare quelle del settore TOP supreme. Si stima che siano stati raccolti 3 miliardi di dollari (2,7 miliardi di euro) con i Giochi invernali di Pechino 2022 e i Giochi di Parigi 2024: la posta in gioco è altissima per tutti coloro che aspirano a entrare nel club elitario dei mecenati TOP. Oggi il valore di una partnership TOP è balzato drasticamente da 950 milioni di dollari (897 milioni di euro) tra il 2009 e il 2012 a quasi 2,3 miliardi di dollari (2,17 miliardi di euro) nell’ultimo quadriennio.
“Un maggior numero di aziende globali sfruttano sempre più i grandi eventi sportivi per sostenere i loro obiettivi, raggiungere nuovi consumatori e rafforzare la loro immagine in quelli già esistenti”, dichiara Chloe Ng-Triquet, ricercatrice in materia di sponsorizzazione presso la società britannica Ampere Analysis. La motivazione principale per essere partner olimpico non è più il ritorno sull’investimento a breve termine, ma è il prestigio associato agli anelli olimpici e la promessa di raggiungere miliardi di spettatori in ogni parte del globo.
Attualmente Coca-Cola, ABInBev, Alibaba, Airbnb, Allianz, Deloitte, Omega, Procter & Gamble, Visa e Samsung restano attivi nella TOP, mentre i contratti di Intel, che da tempo sfrutta i Giochi come terreno di prova per la sua intelligenza artificiale, e Atos sono in scadenza, sebbene ci siano forti indicazioni di una loro prosecuzione nel rapporto con il CIO.
Tuttavia, non tutte le aziende dell’elenco hanno un posto garantito. La presenza o meno delle aziende non è guidata solo da decisioni unilaterali degli investitori ma anche dal CIO stesso e quel che è certo è che il trio giapponese non ha intenzione di rinnovare le sponsorizzazioni olimpiche. Toyota ha denunciato fortemente la “politicizzazione” del CIO e dei Giochi di Parigi 2024 e il capo dell’azienda, Akio Toyoda ha recentemente commentato, “Da un po’ di tempo mi chiedo se l’evento metta davvero gli atleti al primo posto”. Critiche taglienti più o meno velate, che evidenziano la crescente convinzione che il più grande spettacolo sportivo del mondo si sia trasformato in un palcoscenico per manovre politiche e interessi particolari. Panasonic e Bridgestone sono state più discrete adducendo considerazioni di carattere gestionale, ma ricordiamo che entrambe hanno versato circa 200 milioni di dollari (182 milioni di euro) in quattro anni come partner globali, mentre, secondo l’Associated Press, Toyota ha sborsato cifra di 835 milioni di dollari (761 milioni di euro) per promuovere quattro Giochi Olimpici (sia estivi che invernali), dal 2015 fino alla sua conclusione nel 2024.

Diversi addetti ai lavori esperti del programma TOP non vedono l’esodo delle grandi aziende giapponesi come un motivo di allarme, ma come una rotazione perfettamente normale e che le relazioni a lungo termine come quelle di Coca-Cola, Visa e Omega siano eccezioni, non la regola. Al dibattito si unisce la voce di Terrence Burns, CEO dell’agenzia americana TBSG e titano del marketing olimpico, “La piattaforma TOP del CIO è stata il programma di finanziamento sportivo globale di maggior successo nella storia”, ha dichiarato Burns. “perché la popolarità e la venerazione per i Giochi Olimpici sono durature e non svaniranno. Penso che molti marchi globali coglieranno al volo l’opportunità di partecipare se si presenterà l’occasione”. Il futuro della nave olimpica sarebbe dunque ben lungi dall’affondare.
Ma torniamo un po’ indietro, ai Giochi Olimpici di Tokio del 2020, quando i Giochi Olimpici sono stati oscurate da scandali di corruzione con la Dentsu Inc, la principale agenzia di marketing giapponese, coinvolta in accuse di cattiva condotta. Sebbene queste vicende non fossero direttamente correlate alle sponsorizzazioni globali nell’ambito del programma TOP, hanno comunque gettato un’ombra sull’integrità dell’organizzazione dei Giochi. Un’istituzione già sotto tiro per questioni legate ai compensi degli atleti, oltre che per altre questioni come l’identità e l’uguaglianza di genere, le procedure antidoping e lo status di atleta neutrale, per citarne solo alcune. Da allora si è imposto un cambio di strategia e l’inclusione e il coinvolgimento emotivo, sono stati i punti focali per Thomas Bach, Presidente del CIO e il suo team durante la campagna di marketing per Parigi 2024: un nuovo approccio in cui i grandi marchi hanno la possibilità di entrare in contatto in modo più autentico ed emotivo con la comunità. I partner hanno così adottato, consapevolmente o meno, messaggi in linea con gli obiettivi del CIO, assicurando che la loro attività sia in linea con la visione olimpica: una connessione più sentita e autentica tra i marchi e il loro pubblico, che si inserisce nella missione del CIO di creare una piattaforma globale inclusiva e stimolante.
Il CIO ha sponsor di alto livello assicurati almeno fino al 2028. Oggi il marketing olimpico è sempre più incentrato sulla sostenibilità e sulla responsabilità sociale. I marchi finanziatori mirano ad allineare le loro strategie con i valori che risuonano veramente nei consumatori: non si tratta più solo di promuovere prodotti, ma anche di dimostrare un’autentica preoccupazione per l’impatto sociale e ambientale degli eventi sportivi attraverso azioni e iniziative concrete. Nel giugno 2017, McDonald’s e le Olimpiadi si sono separate dopo decenni di collaborazione e una delle ragioni principali di questa rottura è stata la critica pubblica da parte di gruppi di difesa della salute, che hanno sottolineato l’ipocrisia del CIO nell’accettare pagamenti da un gigante del fast-food, mentre proclamava il suo impegno per la salute. In occasione dei preparativi per Parigi 2024, il sito web del CIO ha dichiarato con orgoglio che l’offerta di cibo sarà territoriale, sostenibile e sana. Un’attenzione in linea con la missione del CIO di “costruire un mondo migliore attraverso lo sport”.
Ma ecco la contraddizione. Questi impegni altisonanti si scontrano con il fatto che Coca-Cola, uno dei principali produttori di bevande zuccherate legate a importanti problemi di salute come il diabete di tipo 2 e le malattie cardiache, rimane uno dei partner più antichi delle Olimpiadi dal 1928. L’abbandono di Coca-Cola cambierebbe le carte in tavola, ridisegnando potenzialmente l’intero panorama della promozione olimpica.
Cosa accadrà nel panorama delle sponsorizzazioni olimpiche? L’analista di marketing sportivo Malph Minns ha suggerito che il CIO potrebbe optare per “piccoli sponsorizzazione nazionali o regionali invece di espandere la sua lista globale. È facile immaginare che questo accada negli Stati Uniti, data la vastità del mercato”, ha aggiunto Minns, guardando ai Giochi di Los Angeles del 2028″.
Per gli ottimisti, il modello di sponsorizzazione TOP rimarrà invariato, ma i recenti sviluppi suggeriscono un mondo di possibilità, guidato dalle ingenti somme che le aziende sono disposte a pagare per avere visibilità sul palcoscenico olimpico. (estratto da insidethegames.biz)
