
DIARIO DI UN GIORNO SPECIALE – Sono corsa a Cagliari per il varo di Luna Rossa. Il mio primo launch. E quindi, armata di un telefonino e della sagacia che mi contraddistingue dal 1996, ho deciso di raccontarvi come è stato il varo della decima Luna. Spoiler, ho ancora un sorriso a 32 denti stampato in faccia
Da dove partiamo? Direi di partire dall’inizio. Ciao, sono Francesca Frazza e sono una giornalista di Saily.it. Non sono solita parlare in prima persona, anche se credo che i lettori più attenti e la mia unica vera fan (mia madre) mi riconoscano spesso a causa del mio timbro colorito.
Non si scrive in prima persona, ma per il primo varo di Coppa America penso si possa fare un’eccezione. Scrivo a caldo, di getto e con una certa emozione, sperando che nessun Accademico della Crusca debba mai prendersi l’onere di leggere questo pezzo.
Al molo Ichnusa dire che la situazione era trepidante è dir poco. Circa settecento persone sul piazzale, un sole splendente e LEI avvolta da un grande telo nero, solo il bompresso rosso in vista. Sul colore e sulla forma della decima Luna si vocifera da tempo. Sarà nera come quella di Auckland? Sarà color “arlecchino” come il LEQ12? La forma sarà completamente stravolta? Il telo è mosso da vento leggerissimo, ma non si riesce ad intravedere nulla.

Sgomito, non guardo in faccia nessuno e mi metto in prima fila, proprio vicino al punto in cui Miuccia Prada spaccherà la bottiglia. E mentre prego che nessun pezzo di vetro mi buchi la cornea, mentre il sole che picchia sull’asfalto sta facendo alzare la temperatura intorno ai quaranta gradi e mentre rimugino sul dress code casual chic, inizio a contare i minuti che dividono gli occhi del mondo dal nuovo bolide targato Luna Rossa Prada Pirelli.
Mancano quaranta minuti, in prima fila stiamo come sardine stipate per l’essiccazione. Tutti cercano di avvicinarsi il più possibile, i più curiosi tengono le gambe dietro al nastro nero, con il collo tutto proteso in avanti per rubare più dettagli possibili. I telefonini riprendono, mentre la gente chiacchiera sulle varie indiscrezioni trapelate nei mesi. Meno venti minuti, penso che se questo varo non avviene prima di subito, mi ridurrò allo stadio gassoso. Dieci minuti, cinque. Due. Mi tremano le mani, ma questo mi indica che, per fortuna, ho mantenuto una forma solida.
Vengono distribuite delle trombette che suonano all’impazzata, per l’amore dei miei timpani e mi sto squagliando al sole, ma finalmente Guido Meda inizia la sua presentazione, alle 13 spaccate di un venerdì 13. Ma tanto, dice Max Sirena, il 13 porta sfortuna solo negli Stati Uniti.
Meda chiama Max a parlare, questa Luna è il prodotto di 130 persone che da anni lavorano senza sosta dietro alle quinte, parla di una barca innovativa, pronta per questa nuova sfida di Barcellona. E intanto le trombette continuano a suonare. Dopo Max è Horacio Carabelli, il leader del team design a prendere in mano il microfono. E le trombette suonano. La parola, infine, passa al timoniere Checco Bruni e le trombette non le sento nemmeno più, tanto ho perso il senso dell’udito.
Parlano tutti tanto, ma si dice molto poco. Scende un silenzio quasi religioso. È il momento. Sul montacarichi salgono Patrizio Bertelli, Max Sirena, Miuccia Prada e Marco Tronchetti Provera. Ho tre gomiti infilati nelle costole, ma il posto fisso in prima fila non lo mollo. Miuccia prende in mano la bottiglia e pronuncia la frase di rito: “io ti battezzo, Luna Rossa”. Il vetro si infrange sul bompresso e finalmente scende il telo.
Ad un primo sguardo, la barca non è semplicemente bella, è elegante. Il silver bullet, è tutta argento, spiccano il rosso del logo di Prada e il giallo di quello di Pirelli. Sembra più “magra”, più tagliente rispetto a quello che avevamo visto finora. Bruni continua a parlare, ma io sono troppo imbambolata per sentire quello che dice.
Ma che varo sarebbe se la barca non toccasse l’acqua?
L’AC75 viene fatto girare su se stesso e viene diretto verso il mare. E mentre Checco Bruni già anticipa che presto il team scenderà in acqua per il testing-tow e per i primi allenamenti, viene slacciato quel leggero nastro nero che separava la massa di persone, me inclusa, dalla barca.
Sembra la corsa dei salmoni per arrivare all’altro filo nero, volto a separare gli spettatori dalle operazioni di messa in acqua. La gente salta, corre, cade (no dai, questo non è vero), sgomita, sembra di stare in una scena di corsa apocalittica. Venti anni di vela e corro come una zoppa, ma riesco ad aggiudicarmi la prima fila. Sono le 13.36 di venerdì 13 aprile e i foil gialli di Luna Rossa toccano l’acqua.

Si intravede la forma dei cockpit, la barca sembra avere una forma più aerodinamica. Si parla di una barca efficiente, di un team che vuole riprendersi ciò che era stato lasciato indietro ad Auckland. Alla conferenza stampa si dice qualcosa di tecnico, tipo che il LEQ12 è stato modellato sull’idea che ci si era fatti sull’AC75, anche se ai tempi le regole di classe non erano ancora state chiaramente espresse. Si parla del team e della dura scelta che si dovrà affrontare nei prossimi mesi, su quale sarà la line-up che scenderà in acqua a Barcellona. In fondo, dice Max Sirena, è meglio avere un’abbondanza di velisti bravi e poter scegliere il meglio, che il contrario. Si menziona poco di tecnico, ma sono sicura che i dettagli non sono sfuggiti a chi segue la Coppa America da anni.
Che dire, l’America’s Cup impone che non ci sia un secondo. In bocca al lupo, Luna Rossa.
