A&A, PENDIBENE-TRANI, DUE MARINAI – Un racconto di navigazione completo, come essere in barca con loro. Da Venezia a Genova su un Figaro 3, lungo le coste d’Italia, i passaggi chiave, le isole, gli incontri, la tecnica, la regata in coppia, le lezioni imparate – DA LEGGERE COME UN PAMPHLET

di Andrea Pendibene

Dopo l’Ocean Race chiusa al terzo posto con Team Genova a giugno, esperienza che mi ha segnato come ingegnere e navigatore, e poi la Palermo Montecarlo in agosto, non mi aspettavo un fine stagione cosi scoppiettante e… vincente!

Ci convocano dal Centro Sportivo, in due giorni mi trovo catapultato sul treno Roma-Taranto con il nuovo compagno d’avventura Andrea Trani con cui condivido già la cameretta in Caserma alla Paolucci ma con cui non ho mai navigato assieme. Nonostante sia stato un grande atleta di 470 (la coppia Zandona’-Trani, mondiali e due olimpiadi) ho una certa perplessità circa i nostri caratteri che oserei definire diametralmente opposti (Monfalcone Vs Viareggio). Sotto sotto sono fiducioso e anche contento di tornare in mare che la vita romana inizia a starmi stretta… sono cosciente che dovrò interagire con un campione di classe olimpica ma affascinato dall’altomare. Mi piace: lo sport è condivisione e solo in squadra si raggiungono traguardi ambiziosi e si cresce, ci si completa, ci si diverte!

ALLENAMENTO E TRASFERIMENTO – I quattro giorni di allenamento e prova da Taranto a Venezia volano, nel senso che arrivati a Taranto c’è una “sciroccata” in arrivo, quindi prepariamo il minimo necessario e andiamo con l’idea di fare delle tappe in porti sicuri e già testati, avendo io a febbraio portato due Figaro3 da Venezia a Genova: l’importante è mollare e passare Otranto.

Dopo la partenza al tramonto, si passa andando vela/motore Santa Maria di Leuca e via via che entra lo Scirocco lo assecondiamo facendo strambate rimbalzando tra la costa Croata e quella italiana evitando le tantissime piattaforme offshore illuminate a giorno anche di notte.

Ad un certo punto il vento e il mare sono veramente importanti che decidiamo di ammainare lo spinnaker e proseguire “a vele bianche” fino a dove ci porta il vento e finiamo ad Ancona dove facciamo un breve pit stop di una notte in attesa che il Mose apra.

Ancona-Venezia: 130 miglia, arriviamo “abbastanza” freschi ma già con una bella lista di cose da fare alla barca che scriviamo prima di rientrare al Centro Sportivo perché Andrea deve rientrare a casa per impegni, io sarei rimasto perché sono fatto cosi, ogni cosa la faccio con il cuore e con passione e ho imparato che quando si va in mare meglio non rimandare mai quello che puoi fare subito!

Dopo una settimana a Roma in ufficio riparto con la risorsa fondamentale Giovanna Valsecchi: a ridosso di una regata offshore ci sono tante cose da fare e in una barca da 10 metri (alberatura e vele sono il doppio di una barca normale) smontare e rimontare vele/attrezzature richiede braccia e ore di lavoro magari solo per togliere una stecca rotta o un bozzello del circuito foil… Ci raggiunge anche Andrea, non dimentichiamo l’aiuto degli amici e colleghi Eliano Celestini e Luca Garau di Venezia, quattro giorni di setup e preparazione con orari nolimits e il freddo pungente che solo il Nord Est offre a novembre tra Bora e venti gelidi, ma Venezia è Venezia.

La sera al buio quando le mani sono congelate via a studiare la meteo e la cartografia su un terreno di gioco assai atipico come un giro d’Italia con Capi, Golfi, scogli, isole ed isolotti ma anche le Istruzioni di Regata da leggere e rileggere con le prescrizioni, le limitazioni, le zone di tiro militari, i traghetti…

BRIEFING METEO, SARA’ UN GIRO VENTOSO – Al Briefing meteo del professionale e sempre efficace Andrea Boscolo (un nome una garanzia sempre presente come MeteoMan delle lunghe Italiane quali 200,500, Roma x Tutti, 151 miglia) ci preparano alla situazione: Mose chiuso e vento già dalla prima notte nel delta del Po, poi “tranquillo” si fa per dire fino al Gargano e poi altra botta nello Jonio che aumenta fino a 40 nodi al gate di Favignana… per il resto Libeccio o Maestrale del Tirreno invernale come classico da novembre.

A memoria, l’ultimo briefing con Boscolo lo abbiamo fatto alla Roma X due/Tutti e quando dice “acqua sotto e acqua sopra” è da indossare la stagna con salvagente già dal pontile, lui è uno che naviga quindi ha quella sensibilità di chi conosce cosa sono 20 nodi reali in inverno, i groppi strappa vele e la stanchezza di lunghe notti che spesso quando parla soffre pensando a condizioni difficili come se fosse in barca con noi provando a non farlo vedere. A cena con Trani, il mio compagno è molto entusiasta di questo progetto ma a volte ho l’impressione che non abbia compreso che siamo in due, che il Figaro3 vola e che ci aspettano 35 nodi già la prima notte!

La mattina dello start appena pronti per mollare ci avvisano che il Mose è ancora chiuso e quindi appena aprono ci faranno partire… in questa situazione i nervi sono a palla, ripasso tutta la preparazione del mezzo e l’addestramento, che in queste regate sono almeno il 75% forse anche 80%.

Finalmente ci danno i via, aprono le gabbie e si parte da Piazza San Marco, il vento è forte, gli spazi ristretti ma più passa il tempo e più mi sciolgo e sento la barca come si dice in gergo; tempo di piombare i motori che ingolfiamo tutto il traffico in laguna e poi meno 5, 4, 3, 2, 1… Via!

Partenza in sordina con il Code zero a metà classifica come da strategia ma qualcosa ci scappa di mano e decidiamo di attaccare appena entriamo nel canale principale e diamo spinnaker come anche gli altri ma dopo la prime due strambate ci allunghiamo troppo sotto riva e tocchiamo il bulbo proprio durante una strambata. Dobbiamo liberarci da soli senza motore pena la squalifica, ci riusciamo ma lo spinnaker è in acqua, lo re-issiamo ma è bucato! Teniamo fino al canalone di uscita dove ammainiamo e ridiamo code zero ma a questo punto in uscita dal porto dopo due ore siamo ultimi e con una vela in meno! Non ci perdiamo d’animo, anzi mettiamo la barca alla massima velocità, spostiamo tutti i pesi per raddrizzarla al massimo e seguiamo il vento decidendo per una rotta più conservativa come da consiglio di Boscolo cioè passare non troppo vicino al delta del Po che trascina i suoi detriti (tronchi, legni e tanto altro dalla pianura allagata dalle piogge torrenziali dei giorni precedenti) in mare….

© MMNRV | MMelandri

In questo momento faccio tesoro degli stage fatti al Formula Medicine dello Staff del Doc Riccardo Ceccarelli che segue i piloti di F1, ma anche atleti fortissimi di sport dove il cervello ha un ruolo fondamentale e quindi quando sono da loro mi sfondano fisicamente ma anche mi allenano a gestire le energie mentali e mantenere la calma e la lucidità per sfruttare le energie quando serve.

La prima notte passa con vento e onda forte, noi teniamo tela e andiamo forte sperando di recuperare qualcosa, senza stress ma con il piede giù e la mattina scopriamo che abbiamo un ritardo dai primi di circa 10 miglia ma nessuna rottura e neppure troppo stanchi anche se abbiamo mangiato barrette e dormito pochi minuti a testa.

Quando il vento cala dopo Ancona tentiamo un bordeggio tattico e ci ributtiamo nel gruppo anche se siamo sempre indietro rispetto ai primi di circa un’ora e mezza. Al traverso di Vieste diamo Spinnaker con condizioni inizialmente impegnative ma poi dantesche perché qui picchia forte e dopo il Gargano ancora di più. Quando iniziamo a riflettere se strambare o meno capiamo che siamo fuori dalla comfort zone di chilometri, ma teniamo botta e arriviamo a Otranto per l’ultima manovra dove la scotta si incattivisce più di una volta nei preparativi della manovre e ci “cappottiamo”…

Siamo legati ma la barca è a 90° con l’albero in acqua, camminiamo sulle pareti della panche in pozzetto con la barca che non si raddrizza ma sembra reggere bene sdraiata con il bulbo fuori che vedo tenendomi appeso alla draglia… situazione abbastanza estrema ma già vissuta alla Ocean Race dove in equipaggio tutto è più veloce nel ripartire, mentre qua si fanno le cose una per volta, rimanendo legati e mantenendo la calma anche perché su ogni attrezzatura ci sono centinaia di kilogrammi quindi massima attenzione alla testa, alle dita delle mani, ai piedi, alle ginocchia con occhi a 360° mentre si rimette in piedi la baracca. 

Andrea spara la drizza, la barca incomincia a raddrizzarsi ma anche a camminare in poppa veloce, con lo spi “a strascico” e un maraccio strano incrociato essendo la zona di incontro tra correnti Adriatico, Jonio, Grecia… Attacco il pilota vado a prora a dare una mano ma si riparte in straorza ogni volta e alla decima volta mi incazzo, metto la barra a scontro, il fiocco a collo e la randa libera per una cappa filante che sembra funzionare! Nel frattempo entrambi siamo davanti cercando di recuperare lo spinnaker avvolto tra la carena, foil, bulbo, timoni, fiancata tipo pescatori oceanici con il barchino che rolla… Dopo un lavoro quasi ingegneristico su come e dove tirare lo recuperiamo e sembra integro ma noi veramente sfiniti dallo sforzo e dalla tensione di perdere lo spinnaker oltre che dallo sforzo fisico intenso e prolungato. Il secondo spinnaker è anche l’ultimo con quello della partenza, non potevamo perderlo e siamo stati molto fortunati. Appena ripartiamo provo a dire al mitico Trani che forse andava ammainato alla venticinquesima straorza, ma lui non vuole sentire ragioni, e dà tutta la colpa allo strozzatore.

Si issa subito il code e via a Santa Maria di Leuca e direzione Crotone per il Gate dove durante tutta la notte spingiamo e cerchiamo di far correre veloce perché nonostante il numero da circo a Vieste ci siamo avvicinati ai primi tre e capiamo che dopo 400 miglia anche altri hanno avuto avarie varie e situazioni incasinate: è una lotta per sopravvivere e dobbiamo iniziare a dormire, mangiare, lavarci i denti con regolarità cosi da poter essere lucidi quando serve e usare la nostra esperienza… i ventenni non hanno bisogno di dormire e sono più irruenti nelle scelte.

Dopo il gate di Crotone il vento cala e inizia la battaglia navale, quella dove sempre con 15/20 nodi di vento non devi distrarti ma far correre la barca, mangiare, riposare e tenere il ritmo per cogliere ogni opportunità essendo la bolina tra Ionio, Squillace, Corrente dello Stretto di difficile interpretazione. Osservare il cielo, il mare e tentare qualche colpo può rivelarsi decisivo, come regolare continuamente le vele, timonare, spostare pesi fino allo sfinimento con già quattro giorni e quattro notti di mare in chiglia… Iniziamo a pensare che dobbiamo mangiare, basta barrette e polveri.

OVVIAMENTE CAMBUSE SEPARATE – Io a liofilizzati come in Transat cosi appena ho tempo mi riposo perché i liofilizzati fanno schifo ma ti nutrono e vai a letto velocemente. Trani mangia parmigiano con fette di Bresaola che sembrano una bistecca di chianina (quando dormiva qualche pezzo l’ho fatto sparire lo ammetto) con del cuscus che cuoce sottocoperta con il fornellino da campeggio ma ogni volta sto in ansia perchè sento e vedo delle fiammate che ringrazio essere tutto bagnato fradicio all’interno… mannaggia i derivisti faccio finta di non guardare ma sento colpi di fiammate, puzza di gas che già mi immagino la fin del giro perché diventiamo Fenaio la torcia umana per due cucchiai di cuscus che una volta gli viene “papposo” l’altra acquoso tipi minestrina da neonati, ma guai a farglielo notare ogni volta si fa pure il video che sembra lo chef Cracco tanto è contento!

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Ultimo Capo prima del Gate di Licata, abbiamo dormito, mangiato e dobbiamo tentare il tutto per tutto: piano piano miglio dopo miglio rosicchiamo metri e capiamo come infilarci alla curva a gomito prima di puntare il gate… Noi facciamo velocità assecondando il vento mentre la flotta dei battistrada per i valzer del vento è al largo, forse per scelta, forse si sono distratti non pensando a noi come dei pericoli dopo il ritardo della prima notte, forse un po’ di fortuna… Ma ce la prendiamo tutta, come una palla davanti alla porta al 90°!

Ci troviamo verso terra, interni in curva e a me piace stare a terra e il contatto con le barche dove si fanno incroci vicini e ci si guarda negli occhi come nel tennis dove la pressione si sente e va sfruttata a proprio vantaggio osservando gli avversari per provare il colpaccio appena possibile.

O la va o la spacca, si gioca il tutto per tutto infatti con una brezza leggera avanziamo e passiamo il Capo scrutando odori, segnali di fumo a terra, windsurfisti in spiaggia, e raggiungendo i primi tre, segnando per noi un nuovo inizio a metà della gara con il gruppo di testa quello forte che ti spinge a dare tutto per stare davanti come nel ciclismo! 

Arriva la notte e come da previsione il tempo peggiora, il mare si fa cattivo e il vento inizia a fischiare come è giusto che sia, siamo in mare aperto e questa è la Sicilia! Iniziamo a ridurre le vele, nel frattempo il motore smette di funzionare e con lui anche l’elettronica perché le batterie sono stanche e senza ricarica degli alternatori non tengono la carica. Avvisiamo l’organizzazione e navighiamo a vista con la stimata, sulla batimetrica con la carta nautica alla mano ma anche seguendo gli altri nel bordeggio fino al successivo gate nella punta NordOvest tra Favignana e Levanzo.

Il mare è “schiumoso” sale in coperta, la barca sbatte di bolina ma non è gelido, ormai siamo fradici ma dobbiamo concentrarci per passare il gate, gli scogli e tutte le luci che si vedono tra boe, costa, navi, sembra di stare in Bretagna dove ci sono isole, coste alte e rocciose e poche luci, posti stupendi che immagino d’estate siano paradisiaci ma ora no sono il confine più a sud di una regata folle di marinai che vuole solo passare questo avamposto e mettere la prora a Nord, anzi Nord Est sul gate di Amalfi lasciando Ustica a sinistra.

Giriamo il gate, rispettiamo i binari imposti dalla organizzazione e diamo Code, i francesi sono testa a testa con noi, poco dopo danno spinnaker e pure noi anche se il vento e il mare sono belli impegnativi. Saranno circa 40 miglia di fuoco fianco a fianco a medie sopra i 18 nodi con scie da motoscafo e le prue sollevate dai foil, un rettilineo dove non bisogna alzare il piede fino a Ustica.

A meno 20 miglia esco sonnecchiante, sappiamo che a brevissimo dobbiamo ammainare, il vento è aumentato ma loro non mollano e neppure noi ma “Vraccc!” lo spi esplode in andatura, la barca rallenta di colpo e mette la prua in acqua fermandosi di brutto e io come un pollo cado all’indietro sulla timoneria di schiena sentendo un dolore molto forte alle costole. Per un attimo a terra non capisco neppure dove sono, poi sento le urla di Trani in Triestino, non capisco cosa dice e vorrei avere la forza di tirarlo in mare che sto male, molto male e lui continua ad urlare!

In qualche modo mi rialzo, zoppico, la botta è bella forte e lo spinnaker a brandelli che sventola; prendo un antidolorifico dalla sacca dei medicinali, poi dobbiamo ammainare quello che rimane dei coriandoli bianchi e infine mi “sbrando” per una trentina di minuti dopo aver preso un secondo antidolorifico e avvertito l’organizzazione. In quel momento ho capito che stavo male, ma non ho detto troppo al mio compagno perchè è in trance da adrenalina dopo aver fatto tre ore sopra i 20 nodi alla massima concentrazione e non ha ancora capito perché lo spinnaker è esploso, ma piano piano inizia a capire…  Qua siamo in mezzo al mare soli senza niente attorno e in un “battito di ciglia” Eolo gli ha fatto capire chi comanda e lui coda tra le gambe ha ricevuto il messaggio!

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Arrivati a Ustica distanziati di poche centinaia di metri dai francesi diamo subito Code e puntiamo Capri, loro non se lo aspettavano e nel fare la manovra sbagliano qualcosa e perdono tempo ma noi allunghiamo e nonostante le mie costole ci alterniamo e facciamo una notte epica con vento di maestrale al traverso tutta tela sempre sopra i 15/18 nodi di media timonando a mano per guadagnare anche pochi decimi e risparmiare energia delle batterie per usare solo la luce di via e AIS per essere visibili in un tratto di mare molto battuto da traghetti e mercantili su rotta Nord-Sud- Est-Ovest.

La notte sappiamo che potrebbe essere l’ultima con vento forte e dobbiamo spingere perché i francesi sono dei “cagnacci assetati del nostro sangue” e solo dandogli segnali forti nelle loro condizioni da “bretoni-vichinghi” si danno una calmata. Spremiamo la barca, le vele, noi stessi e andiamo in reaching estremo con il foil tutto al massimo rake non per volare ma per non sdraiare la barca carica di tela, cercando di staccare con strappi spacca gambe i cugini tricolore! Arrivano raffiche a 37 nodi e invece che ridurre poggiamo anche andando fuori rotta poggiando verso sud ma appena voliamo, l’apparente gira e risaliamo quasi in rotta con uno scarso di 20-30 gradi ma con velocità triple/quadruple rispetto ad avere il solo fiocco.

VITA AL LIMITE A BORDO – Velocità che non sono descrivibili e che bisogna essere allenati mentalmente e fisicamente per resistere a certe sollecitazioni lontanissime anni luce dalla vela tradizionale. Dentro non si dorme, la barca salta e fischia, nelle brandine bisogna legarsi per non essere sbalzati fuori, c’è acqua ovunque entra pure a secchiate dal crash box e dalla ispezione dei foil… Non si riesce a mangiare perché i colpi e le accelerazioni hanno accartocciato lo stomaco. La testa fa male tra i colpi sulle strutture, il poco sonno e gli sforzi per le manovre, le continue regolazioni, l’incessante spostamento dei pesi.

Dopo ore e ore sotto docce di acqua salata il palato si è chiuso perché ogni cosa sembra salata di acqua di mare e viene da vomitare, con grande sforzo si bevono sorsi di acqua ma a fatica mentre la cerata è diventata uno straccio zuppo di acqua… Trani è viola dal freddo, scende per indossare la muta stagna che avevamo portato per emergenze subacquee. Lo vedo stanco, sfinito e consumato, capisco che ha raggiunto il limite e sorride contento con la muta indossata tipo Lupin al caldo. Nel frattempo i suoi infiniti cambi di scaldine, maglie termiche, mutande, calzini sono per tutta a barca che sembra di stare in un banco al mercato: vai a dormire ti butti in branda e ti svegli con le sue mutande in faccia! Ma oramai siamo stanchi morti ed ogni energia preservata per essere al meglio in turno, quindi anche se vorrei lanciargliele in faccia non ho più la forza, le sposto e dormo… Mentre si sveste per entrare nel sacco a pelo mi dice che non capisce come mai sono sempre con la cerata e il salvagente. Ma io avendo fatto le MiniTransat e Ocean Race ero un po’ abituato a fare il “cavernicolo” e in certi momenti i secondi sono preziosi, e inoltre spesso stanchi e addormentati con la fretta si sale senza indossare il salvagente e in doppio/solitario questa è una cosa da NON fare.

COLPI DI SCENA – Proprio quando pensavamo di aver allungato avendo fatto una notte da matti e vedendo Napoli e le sue luci pensavamo di essere sani e salvi… invece il peggio deve ancora arrivare. In approccio a Capri, ultime 30 miglia con groppi temporaleschi e noi completamente “vuoti”. Arriva un groppo ma non violentissimo, arriva il secondo e chiamo Trani ma è collassato in branda. Quando ci arriva sopra il terzo groppo il vento passa da 25 nodi a 35, almeno l’ultima volta che ho guardato l’anemometro: neppure il tempo di poggiare o mollare scotte che la vela di prora non c’è più e via nuovamente a recuperarla alla cappa in qualche maniera, come già fatto a Vieste oramai conosciamo la tecnica del recupero spinnaker a strascico anche se stavolta è il Code.

Recuperata la vela siamo veramente distrutti, due vele andate in meno di 30 ore e la prospettiva di una seconda parte molto tattica da affrontare nel Tirreno. Trani torna a dormire, io in coperta in qualche modo punto Capri avanzando randa e fiocco per due ore in cui faccio fatica a tenere il timone e puntare il canale addormentandomi più volte e girando su me stesso con la barca.

Scrivo alla organizzazione un breve SMS come da procedure di controllo (alle 7AM e alle 7PM avevamo questo obbligo di segnalare posizione e stato barca/atleti) con posizione, vento, mare ma anche “boat and crew OK; ma stavolta li avviso che andiamo di conserva fino a Capri (da 20 nodi a 5 magari si allarmavano cosi da non richiedere assistenza o farli preoccupare o ancor peggio attivare i soccorsi).

Io mi lego e controllo di essere legato in pozzetto, cerco di tenere la testa diritta ma mi addormento e mi sveglio con la testa penzoloni… provo a svegliare l’altro Andrea ma è “incaramellato” nel sacco a pelo e dopo urla e colpi in coperta con la mano aperta perdo ogni speranza di farlo svegliare! Devo affrontare 20 miglia a 5/6 nodi di conserva che mi sembrano un oceano ma sonnecchiando, temporale dopo temporale arriviamo al canale. Appena vicini all’isola vedo la luce dietro dei francesi e come per magia si sveglia stravolto ma carico a pallettoni. E’ bastato dire “i francesi ci stanno riprendendo” e “abbiamo i francesi alle calcagna”, che si è svegliato ed è pronto a tutto!

Partiamo con vari cambi vela Spi-Code-Spi-Code ci ritroviamo in mezzo al golfo di Napoli con Vista Vesuvio, in bonaccia. I francesi sono a vista dietro ma non hanno recuperato moltissimo in questa nostra fase critica in cui dovevamo riprenderci prima del finale! Indubbiamente abbiamo fatto una notte la Leoni!

Altre 15 miglia per passare tra Ischia e Procida, evitare le zona protette ma soprattutto rispettare lo 0.5 miglia dalle isole; cioè bordeggiare in un canale immaginario di 0.3 miglia con traghetti, aliscafi e piccoli gozzi da pesca. Ora crollo io, e Trani mi da il cambio. Faccio appena in tempo a sprofondare vestito con cerata e salvagente in un sonno profondo in cui nessun urlo mi avrebbe fatto riemergere. Ero talmente distrutto che quando mi sono ripreso ci ho messo un poco per capire dove fossi e cosa stessi facendo in una barca.

Si passa Ischia, arriva l’alba e con lei anche i temporali, a questo punto siamo primi dietro ai francesi e intercettiamo al vhf la chiamata di un paio di barche che passano fuori ai due gate rispettivamente Capri-Terra e Ischia-Procida e sinceramente ci preoccupiamo andando a rileggete una cinquantina di volte le Istruzioni per precauzione ma il gate è spiegato per bene e non lascia spazio ad interpretazioni… sebbene qualche dubbio ci resti.

LA TATTICA DEL TRANI – Terracina e Gaeta, qui Andrea Trani dopo anni di derive ad altissimo livello decide senza appello e fa una strategia a metà tra coprire gli avversari e inseguire il vento fresco che con groppi, temporali, nebbia, stanchezza non si capisce bene cosa farà. Lui è super concentrato e lo assecondo (non posso fare altrimenti, è irremovibile) anche se non sono del tutto convinto ma come imparato in Ocean Race nel dubbio invece che stare a fare discussioni o cambi mure da eterni indecisi meglio pensare a concentrarsi solo sulla velocità. Come diceva lo skipper del VO65 Team Genova meglio veloci dalla parte sbagliata che lenti e indecisi dalla parte giusta. E così diamo gas….

Con lo stabilirsi del vento da mare, le nuvole minacciose si diradano e iniziamo la rumba praticamente allineati con i francesi ma carichi come una molla perché siamo nel Tirreno e mi è venuta in mente la parte finale delle RAN630 con l’amico Velista windsurfista Gianluca Roveraro con il suo Pogo40 dove abbiamo vinto in reale sfruttando le doti plananti nel Tirreno generoso di vento, e cosi succede: esattamente la stessa meteo, proprio quella che ci serviva per “tenere botta”.

Entra il maestrale e soffriamo di bolina larga fino al Circeo, poi man mano che si sale zona Civitavecchia aumenta ma poggiamo e diamo spinnaker, riparato nella notte messo dentro il vano motore dove lo abbiamo asciugato e poi cucito (avevamo una cassetta spare per riparazione vele e anche per cucire) con tantissime toppe che abbiamo usato tutte cosi da soprannominare la creatura “Frankenstein”.

Invece la drizza consumata sulla puleggia per le tantissime straorze l’abbiamo ricucita e protetta in più punti (scuola Mintransat: da solo devi pensare ad arrivare ai Caraibi e risolverti tutti i casini) e rimesso in sesto anche il Code messo maluccio dalla partenza, “toppato” pure quello aprendolo in coperta, pulito con alcool. Saltiamo i turni perchè di poppa con vento fresco la vita di bordo è più “vivibile” e poi sentiamo l’odore di casa: nel mio caso un bel toscano colorito alla radio della Toscana zona Orbetello/Talamone dei pescatori!

Spinnaker, fiocco e randa piena per cominciare a planare e facendo una tattica sopraffina, strambare nei punti giusti per prendere le accelerazioni nei capi e i salti di vento (qui il Trani si è allenato decenni con Zandonà sul 470 e pure io mi alleno spesso unendomi alla Sezione Velica di Anzio sul Cygnus 36.7 nelle lunghe inshore dal Circeo fino a Riva di Traiano) e insomma rosicchiamo qualcosa ai francesi, decine di metri nulla di più.

LA BATTAGLIA DEL TIRRENO – Entriamo nell’arcipelago toscano dovendo lasciare come boa il Giglio a destra. Scegliamo di passare larghi per evitare i coni di vento ma i francesi rischiano, passano rasi e ci riprendono i metri guadagnati nelle decine di strambate tra Capo d’Anzio e Riva di Traiano. Duro colpo, ma il morale è altissimo, siamo a casa nostra e i francesi devono stare dietro, da qua non si passa! Il Tirreno è il nostro campo di battaglia, della grande altura girato in lungo e in largo con i 36.7 delle Sezioni Veliche di Spezia e di Anzio, nelle classiche come 151 miglia, Gavitello d’Argento, Roma x Tutti, GiragliaOne, Ammiraglio Francese e poi le regate internazionali Classe650 come i GP d’Italie vinti proprio sgommando tra Giannutri e Genova… E’ il nostro stadio. In approccio al Canale di Piombino arriviamo dal largo e puntiamo Punta Ala, i francesi invece fanno i bordi da sotto e si avvicinano ancora, ma dentro al Canale dobbiamo lasciare isola d’Elba e i due isolotti a 0.5 quindi decidiamo di fare una sola strambata e uscire lato Elba, anche perchè Piombino con i suoi altoforni delle acciaierie è sempre un’incognita la notte. Una sola strambata invece che quattro ma l’idea è non rischiare con lo spinnaker “Frankenstein”.

Tempo buio e nero, mare poco mosso e vento da dietro che ci spinge verso nord con spinnaker e tutta randa planando in assetto non estremo per goderci Baratti, Populonia, San Vincenzo, Cecina e quando siamo davanti alla secca di Vada sentiamo la radio che annuncia tempesta su Capo Corso fino alla Gorgona con venti da sud ovest, il famigerato libeccio toscano tanto amato dai surfisti versiliesi per le onde oceaniche che genera. Ci risiamo.

LE OPZIONI FINALI – Ragioniamo velocemente sulla strategia, i francesi ci rosicchiano metro dopo metro, forse hanno uno spi ancora intero e performante o forse più abili nel trovare un assetto al millimetro tra foil, scotta randa, spinnaker, rake albero, spostamento pesi. Non a caso loro hanno fatto tutta la stagione Figaro da gennaio con gare e allenamenti nelle academy che vuol dire tanto soprattutto nei cambi passo nel trovare subito il set up… ma noi non molliamo!

Abbiamo due opzioni per l’ultima scelta finale: andare dritto per dritto lungo costa con lo scirocco di media intensità e l’incognita di trovare un calo d’aria sulle Cinque Terre tra le loro coste rocciose a picco sul mare, o strategia più aggressiva da top player: strambare, allungare la rotta tornando quasi indietro puntando Capo Corso per agganciare la tempesta, ristrambare per prenderla di striscio e dare tutta tela per foilare a 20 nodi fino alle Cinque Terre dove il flusso si esaurisce, ricambiare rotta e puntare su Sestri/Portofino per riagganciare lo scirocco e arrivare a Genova dal litorale Zoagli, Bocca d’asse, l’arrivo…

Mentre la barca corre veloce, essendo marinai non siamo della idea di andare incontro a una tempesta, anche perché mi ricordo che nella Mintransat 2015 mentre ero nei top 10 andando incontro a una tempesta nel Golfo di Biscaglia invece di 30 nodi ne ho trovati 60, disalberando. Vorremmo optare per l’opzione più safe.

Mentre valutiamo in silenzio le due opzioni, sapendo che il tempo non è infinito per decidere, da dietro sono a meno di due miglia da noi e si buttano nella tempesta, cosicchè non ci resta che fare lo stesso e inseguire il fronte nero che già ci ha avvolto in una foschia da Inferno dantesco tanto che si vede il calore della luce a led di navigazione in testa albero tagliare la foschia come un coltello… Dettagli che chi ha già navigato riconosce e ti avvisano che manca poco!

Con Trani ci prepariamo alla “battaglia”, prendiamo le barrette da mettere in tasca, bottiglie da bere in coperta, ci vestiamo pronti a tutto e mettiamo la barca in assetto con tutti i pesi a poppa per l’ultimo rettilineo infuocato. Facciamo anche qualche pisolo da 10 minuti a testa per riprenderci sapendo che non dormiremo per tutta la notte! Alla radio continuano a dare i bollettini di tempesta su zone Livorno e anche da Meteo France su Capo Corso ma ormai la strategia è fatta e non si torna indietro.

Nel buio più totale sveglio Trani, c’è un elicottero (forse militare ma nel buio vediamo poco rispetto a uno della Guardia Costiera bianco) che con il faro illumina il mare, forse cerca qualcuno, forse cerca noi, forse sono in addestramento e ci illuminano molte volte, forse per capire chi sono i matti incoscienti che si buttano nella tempesta. Ci illuminano a giorno più volte, scrutando i vari adesivi e come siamo vestiti da piloti di Formula1 di queste barche a vela con i foil che ci stiamo giocando il nostro Grand Premio della vita contro i francesi disposti a tutto!

L’elicottero vola via dopo 3-4 passaggi su di noi, sul canale 16 nessuna chiamata e quindi abbiamo il “nulla osta” a procedere verso la tempesta con in coda i francesi che non mollano anzi spingono e noi facciamo lo stesso puntando la Capraia dove ci sono un sacco di navi alla fonda e poi più avanti il gassificatore che bisogna passare a distanza di sicurezza. Altri cambi vele nella notte buia per passarlo sopravvento in un mare che inizia ad essere molto agitato.

Passata la Gorgona arriva il vento. L’onda aumenta e sappiamo che saranno 4-5 ore di fuoco in cui non dobbiamo sbagliare nulla. Iniziamo in due in coperta a tutto gas e tutta tela con randa e Code con fiocco.

Planate impossibili con accelerazioni sul corpo pari a quelle in curva in macchine sportive, il vento freddo spinge sulle vele i foil lavorano e tutti i pesi sono dietro. Brevissimi turni al timone mentre l’altro si riposava qualche minuto ma in coperta dietro al timoniere pronto a intervenire ma anche per avere il peso a massima poppa. Sembra un aereo lanciato con la fionda sul ponte della Nave, tanto il vento in certi momenti ci catapulta in avanti nel buio totale in cui non si vedeva nulla sono i baffi dei foil che sollevavano la barca perché la prora era impennata come un motorino su una ruota!

In questi momenti di pura follia dove si è al limite umano e tecnologico basta un niente, una cresta che rompe prima, una raffica di qualche nodo più grande (da sommare ai 35/40 reali di media), un’esitazione al timone e succede come quando un pilota di F1 va lungo. Qui serve talento, concentrazione, allenamento o meglio addestramento specifico a resistere in queste condizioni perché oltre alla conduzione ci sono le onde che spazzano la coperta, gli spruzzi dei foil che ti vengono in faccia (usiamo le mascherine da sci per proteggere gli occhi dal sale pungente come aghi) e la forza mentale è determinante! Non si può improvvisare.

TRA UNA CENTRIFUGA E UN AUTOSCONTRO – Sembriamo una via di mezzo tra una lavatrice industriale in centrifuga che fa tremare il palazzo e l’autoscontro del Luna Park dove nella migliore delle ipotesi esci con il vomito e il torcicollo per una settimana. Onde frangenti sopra sotto, di lato e pure in coperta quando si ingavonava! In quei momenti non puoi avere paure perché vedi scomparire i mercantili nel cavo dell’onda e capisci che il mare è incazzato duro o perché ti arriva l’onda e frange sulla fiancata con una violenza che ti sposta lateralmente con tutta la barca mezza sollevata sui foil di dieci metri sottovento e mentre continua a volare devi rimanere nel tuo “flow agonistico”. Insomma sai che sei al limite, in alcuni casi per alcuni istanti sei oltre il limite e sono momenti speciali che pochi hanno provato sulla propria pellaccia. Dal timone che spesso tieni con due braccia a occhi chiusi, in alcuni istanti capisci che hai raggiunto un legame unico con il mezzo che diventa un tuo arto, come un braccio, ma ogni tanto ti distrai e preghi che tutto vada bene per tornare a casa intero…

Al traverso di Viareggio/Spezia c’è il bagliore lontano dei lungomare infiniti e il vento inizia a calare, arriva la prima luce mattutina e si stramba per andare verso terra, ormai con25 nodi sembra che sia piatta, gestiamo le manovre al meglio trovando energie residue sapendo che mancano meno di 50 miglia.

Tra Sestri, o meglio Riva Trigoso, che riconosco per lo stabilimento Fincantieri, riagganciamo lo Scirocco a terra con la sua pioggia e foschia cercando il bordo perfetto per la layline ottimale che ci faccia superare Portofino e Punta Chiappa. Correnti e conformazione della montagna sul mare creano turbolenze che hanno sbarrato la strada a molti “quasi vincitori” del GP d’Italie sui Min650, massima attenzione!

Rileviamo i francesi poco dietro, non hanno mollato nulla neppure loro in questa notte infernale ma noi, Andrea & Andrea, mixiamo le nostre esperienze sportive e offshore, le sue Olimpiadi assieme ai miei 10-15 arrivi a Genova con i Mini650 e il suo saper controllare la flotta come sulle derive olimpiche, inanellando una discussione a loop molto animata su tutte le opzioni possibili e scappatoie da chiudere agli inseguitori!

-20 miglia stiamo con testa e gambe sulla barca come fosse una partenza, assetti, scotte, vele, tutto controllato e risettato ogni 15 secondi sapendo che lo Scirocco potrebbe andare a mollare con il rischio ribaltone Tramontana. Ogni decimo di nodo è importante e filiamo sempre sul filo dei 10/12 nodi, una velocità che gestiamo avendo fatto anche in gran parte della regata medie sui 18/20 e punte a 23/24, come i francesi che ci hanno spremuto ogni energia e vela!

-5 miglia, chiamiamo con il vhf fisso ma l’antenna non ha molta portata da quando è andata in acqua davanti a Vieste, allora proviamo con il portatile a 3 miglia e ci risponde Maurizio Buscemi, Presidente della I Zona FIV che ci accoglie. Arriva anche un gommone ma noi siamo concentratissimi a cercare la boa visto che strambare con 2 metri di onda e 20 nodi non è mai banale, soprattutto sotto Punta Vagno con il via-vai del porto e la risacca sugli scogli.

-1 miglio, ultima strambata, il vento gira e noi siamo un po’ stretti sulla layline anche perché volevamo proteggerci dai francesi dietro ma mancano 200 metri alla boa, dritto per dritto poggiamo siamo al lasco, attacchiamo il pilota che sotto gli 8 nodi timona benino e registriamo il momento storico con la GoPro. A seguire bottiglia consegnataci dal gommone organizzazione e cin-cin in real time dalla barca!

© MMNRV | MMelandri
© MMNRV | MMelandri

Ultima ammainata a rischio spinnaker perchè prima di spiombare abbiamo dovuto seguire una procedura e avere l’ok, quindi a 10 nodi con lo spi siamo entrati in porto e abbiamo ammainato in qualche maniera perché avevamo poche energie e ancor meno spazio. Prima di entrare, in doppio di ammaina, si rientrano i foil, si rassetta ed è veramente sfinente rispetto a farlo in equipaggio, ma dopo la vittoria viene tutto più facile! In banchina c’è Giovanna Valsecchi ad accoglierci che dopo il lavoro di setup e affidabilità di Venezia sorride soddisfatta. Grazie Giovanna sinceramente senza il tuo supporto eravamo ancora a Venezia a smontare e rimontare.

Ci avvisano di due proteste, attraverso le procedure vengono esposte e discusse di cui una ci interessava direttamente circa una distanza dalla costa. La seconda invece è la richiesta di riparazione del team dello YCI (due bravissimi ventenni) che non hanno fatto il passaggio del Gate di Ischia-Procida perché non se la sono sentiti per le condimeteo tempestose e questo a mio parere fa parte anche del capire i propri limiti. Anche l’atro equipaggio di giovanissimi ha saltato Capri ma resisi conto del fatto non hanno fatto alcun esposto al comitato. Abbiamo saputo poi che tre barche hanno avuto urti con oggetti semisommersi o anche problematiche fisiche non gravi che hanno però indotto al ritiro essendo il proseguo in gara non fattibile. Ci spiace tantissimo ma contenti che non ci siano stati gravi risvolti per le barche e per gli equipaggi.

Dopo la discussione delle proteste, con in alcuni casi la partecipazione di un rappresentante per barca viene tutto confermato come da prima classifica. La sera grande premiazione in concomitanza con la presentazione del progetto dello Skipper Andrea Stella “Spirito di Stella” in partenza per un giro del mondo a tappe con equipaggi Para Sailing e rappresentanti del Gruppo sPportivo Paralimpico Difesa. Nel frattempo io ho trovato il tempo di farmi visitare e farmi una radiografia cosi da escludere la frattura delle costole che mi terranno fermo per un po’. Solo alla seconda radiografia salterà fuori una doppia frattura a una costola.

Contentissimo di Rivedere il sindaco Bucci, Insenburg e tantissime autorità sempre a Genova che per me è stata la città del mare che mi ha offerto tante opportunità in questo 2023. Per me il Progetto Ocean Race con Team Genova rimane il segreto del successo di questa vittoria perché ho navigato tanto, in squadra, con professionisti, in mari lontani e condividendo il sogno di una barca italiana alla Ocean Race rappresentando un paese di navigatori in questo evento mondiale. Un progetto che ti cambia e rafforza ancora di più i valori di noi marinai di Marina Militare e spero che ci sia la volontà di farne uno tutto italiano per la prossima edizione o comunque provare a formare ragazzi e ragazze giovani per navigare in equipaggio!

Che dire una vittoria non scontata, anzi con gli stranieri soprattutto francesi e spagnoli è stata durissima, ma anche con i terribili giovani classe 2000 italiani che hanno fatto una super regata, velocissimi, sbagliando il percorso ma fa parte della loro crescita fatta di miglia, gavetta e tanto mare. Mi piacerebbe aiutarli perché hanno talento ma forse più che di viaggi in Francia nella blasonata Lorient servirebbe stare insieme e sfruttare la nostra palestra naturale di mare attorno alla penisola (isole comprese)

Contento perché nonostante le medaglie c’è sempre qualcosa che mi spinge a fare cose nuove e con Andrea Trani abbiamo dimostrato che il mix derive e offshore può funzionare. Fare vela trasversalmente per rimanere allenati su qualsiasi barca è importante per navigare e crescere ogni giorno dal confronto perché anche in un Campionato Invernale si impara dal vicino di barca non solo dal professionista. 

Forza ragazzi sognate, lottate e navigate meglio se in Italia, io ci sono!

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