INTERVISTA AL VELISTA VOLANTE E UNA STORIA ISTRUTTIVA – L’Italia porta a casa un altro podio, questa volta con Simone Salvà, bronzo al Campionato del Mondo Moth, svoltosi la settimana scorsa nelle acque colorite di Buenos Aires. Simone racconta il passaggio dalle derive dislocanti al foiling…

di Francesca Frazza

Buenos Aires, Mondiale Moth 2022. Campionato interessante, sicuramente reso tale dalle peculiarità della location, ma anche da una flotta poco nutrita numericamente, ma molto forte. Rimaniamo in attesa di notizie dal prossimo Campionato del Mondo a Weymouth, tre sei mesi!

Ci troviamo a pochi giorni dalla fine del Campionato e siamo riusciti a scambiare due parole con Simone Salvà, tornato fresco fresco dalla terra del mate con un bronzo al collo. Come molti ex-laseristi, Simone ad un certo punto della sua carriera deve avere avuto una visione, un’ispirazione. Pensate al Moth. Elegante, raffinato, veloce. Pensate ad un Laser ora. Non prendetevela male, ai lettori più attenti non sarà sfuggito sicuramente quanto noi, in fondo, amiamo questo insieme di resina e gelcoat a forma di ferro da stiro. Il ragionamento, comunque, dietro a questo cambio radicale, deve essere stato il seguente: perché faticare e andare a sei nodi, quando posso faticare e spingere a venti?

“Sicuramente per me è stato un trauma, ho deciso di fare questo passaggio e ci sono un sacco di cose a cui devi andare dietro. Passi da un rapporto ore in acqua-ore di lavoro a terra di 100:1 e qui quasi quasi lo capovolgi. Quantomeno, per un’ora che passi in acqua, sicuramente seguirà un’ora che passerai a terra a sistemare la barca. La pazienza deve essere infinita, anche se poi, per quanto riguarda il rigging della barca, sul mercato ci sono sicuramente barche che comportano maggiori difficoltà. Ci sono poi tutte delle cose importanti che ovviamente nel laser non esistono, come tutto il controllo del sistema di movimentazione del flap, che per questo passato mondiale è stata un pò la chiave del successo. Se hai un sistema del controllo del volo che funziona bene, puoi permetterti di andare dritto anche sulle onde più grandi, senza necessariamente doverci girare intorno. Un’altro punto ostico riguarda il settaggio delle vele. Sul laser il setting delle vele è abbastanza assodato, qui sul Moth hai bisogno di una vela molto grassa per partire, ma una volta che sei sul foil hai bisogno di una vela magrissima e l’equilibrio è difficilissimo da trovare. Da buon laserista posso dire che c’è solo una cosa che non cambia mai: cinghiare.

Argentino de Moth 2022 / © Matias Capizzano

Quindi, dopo un Mondiale 2021 veramente notevole, terminato in top 10, via in volo verso l’Argentina. Fa quasi ridere, questo eterno parallelismo con gli aerei e il mondo dell’aeronautica. Inquadriamo un pò questa location inusuale. Buenos Aires si trova sulla foce del Rio della Plata, un fiume di 290 km che attraversa molti degli stati del Sudamerica. Da Buenos Aires a Colonia di Sacramento, che sta sull’altra sponda, ci sono 52 km. Sembrerebbe di stare al mare, se non fosse che l’acqua è dolce e di un colore severamente discutibile. Senza parlare poi, dell’inquinamento. “Devo dire, una gran pecca della location. C’era di tutto. Alcuni giorni ci siamo beccati dei lenzuoli nei foil. Altri giorni abbiamo trovato rami, tronchi, canne di bambù. In regata alcune volte dovevi decidere se fermarti, scuffiare e ripulire il danno, oppure se continuare. In ogni caso, bisognava sempre sperare che anche gli altri avessero preso dentro qualcosa.” Inquinamento a parte, le condizioni sono state comunque interessanti. 5 metri di fondale e vento forte vi fanno venire in mente qualcosa di specifico? Se pensate che l’acqua possa essere piatta perché stiamo parlando di un fiume, vi sbagliate di grosso, con 8 nodi l’onda è già parecchio formata. Ci facciamo due domande anche sulla corrente, essendo velisti di barche dislocanti, ma Simone ci sfata un pò questo mito, dicendo che, effettivamente, una barca foilante non ne risente più di tanto. Onda e corrente, quindi, le costanti. Sognate una vacanza in barca nel Rio della Plata? Noi vi abbiamo avvisati.

“Durante il campionato abbiamo trovato ogni condizione possibile, anche se effettivamente, su sette giorni, abbiamo regatato davvero solo gli ultimi tre. Abbiamo trovato veramente di tutto, da poco vento a vento di sopravvivenza. La cosa davvero strabiliante, che ha reso il Mondiale interessante, è che nel Rio della Plata è davvero difficile rendersi conto di quanto vento c’è. Quando l’onda frange, venendo a meno il contrasto di colori, a causa del tipico marroncino che tinge questo fiume, non capisci mai la vera intensità del vento. Un giorno siamo usciti, fidandoci dei locals e fuori abbiamo trovato delle condizioni davvero toste, con più di venti nodi e onda corta e ripida. Abbiamo davvero sofferto le pene dell’Inferno quel giorno lì. Nei giorni di poco/ medio vento, abbiamo tutti notato una peculiarità del posto, rispetto alla velocità del vento che di solito serve per navigare sui foil, a Buenos Aires serviva sempre qualche nodo in più. Avevi sempre la sensazione che il vento fosse abbastanza per foilare, quando in realtà non era così. Questo per una combinazione di fattori. L’ondina influiva, ma anche la densità dell’acqua, che è marrone perché è mischiata alla sabbia e ai detriti portati dal fiume.” In effetti, si stima che 57 milioni di metri cubi di limo e detriti vengano trasportati dal fiume e riversati annualmente nell’estuario. Lasciamo a voi lettori le conclusioni. “Gli ultimi tre giorni abbiamo corso la maggior parte del campionato. Quello che i locali chiamano regime di brezza è entrato e le prove corse sono state veramente bellissime. Ancora una volta ci siamo trovati in difficoltà, ma in questo caso la componente difficile è stato il set-up della barca, uscivamo con poco vento, ma poi il vento aumentava e non di poco. Non potevi andare troppo su un estremo e l’equilibrio tra set-up leggero e set-up da vento forte è sempre stato molto delicato”.

Moth Worlds 2022. Buenos Aires, Argentina / © Matias Capizzano

La flotta, non nutritissima numericamente, è stata una grande sfida, soprattutto visti i nomi che si sono presentati sulla linea di partenza. Dall’inglese Dylan Fletcher-Scott, al nutrito gruppo di San Francisco, capitanato da Helena Scutt, il timoniere di SailGP Sebastian Schneiter, passando per nulla di meno che Checco Bruni, timoniere di Luna Rossa. Nessuno si aspettava una flotta particolarmente nutrita, per un mondiale dall’altra parte del mondo. La battaglia tra i primi 15 negli ultimi tre giorni c’è stata e si è vista e, proprio come dice Simone, Fletcher-Scott ha fatto un capolavoro, ma non è stato così inarrivabile come Slingsby lo scorso anno. Senz’altro una bella sfida, aumentata dal fatto che, rispetto alla scorsa edizione del Campionato del Mondo, la preparazione è stata sicuramente minore. Un mese solo di allenamento, barca impacchettata al 7 di settembre, rivista al 15 di novembre. Il giorno che inventeranno il teletrasporto, possiamo affermare che quasi tutti i velisti del mondo potranno finalmente tirare un sospiro di sollievo e chiudere il portafoglio, per una buona volta.

Tirando le somme, cosa ci aspetta nel prossimo futuro Moth? Il mondiale a Weymouth 2023, che con sé porterà delle differenze notevoli e non solo in termini numerici. Si pensa già al numero chiuso, 160 barche e due flotte. La chiave non sarà soltanto nel settaggio del mezzo, ma soprattutto nelle partenze e nel cercare di non rimanere invischiati nel mezzo della flotta fin da subito. Si regaterà in condizioni totalmente diverse, prevista acqua piatta e vento molto forte ed è lì che le differenze tra le barche, e gli atleti, spiccheranno davvero.

Che dire Simone, aspettiamo tue notizie dal prossimo Mondiale!

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