3 AGOSTO 2021 A ENOSHIMA, LA VELA AZZURRA SCRIVE LA STORIA – Riproponiamo la cronaca della finale di Tokyo 2020, e un pezzo dall’archivio di Saily con le riflessioni legate all’oro olimpico del Nacra 17 misto foiling

3 AGOSTO 2021 – DECIMO GIORNO PER LA VELA A ENOSHIMA: MEDAGLIA D’ORO PER RUGGERO TITA E CATERINA BANTILa cronaca della Medal Race condotta in pieno controllo marcando gli inglesi. Una medaglia d’oro per la vela azzurra mancava da quella di Alessandra Sensini a Sydney 2000. La grande festa a Enoshima, le dichiarazioni in Mixed Zone, le tv e i media italiani. Le medaglie consegnate da Giovanni Malagò, membro italiano del CIO. In serata i festeggiamenti anche a Casa Italia a Tokyo. Le dichiarazioni del presidente FIV Francesco Ettorre.

The Tokyo 2020 Olympic Sailing Competition will see 350 athletes from 65 nations race across the ten Olympic disciplines. Enoshima Yacht Harbour, the host venue of the Tokyo 1964 Olympic Sailing Competition, will once again welcome sailors from 25 July to 4 August 2021. 03 August, 2021 © Sailing Energy / World Sailing

L’Italia conquista una medaglia d’oro nella Vela per la prima volta con una coppia mista formata da Ruggero Tita e Caterina Banti, nella disciplina acrobatica del catamarano misto foiling Nacra 17. Gli azzurri sono partiti per la Medal Race finale con 12 punti di vantaggio sugli inglesi Gimson-Burnet, e hanno condotto una Finale di grande equilibrio e perfetto controllo.

Vento a 10 nodi con tendenza a oscillazioni e primo salto a sinistra. Ruggero e Caterina sono partiti al centro della linea, liberi sia sopravento che sottovento, mentre gli inglesi, più verso la barca Comitato, sono rimasti coperti da altre barche e hanno virato subito verso il lato di destra della bolina. Immediata la virata di controllo anche degli italiani, a chiarire quale sarebbe stata la strategia per la finale. Alla prima bolina italiani e britannici erano ultimi e penultimi, ma nella poppa le distanze si sono ridotte e la seconda bolina è stata più ravvicinata. Sia Gimson e Burnet che Tita e Banti, hanno recuperato posizioni fino a metà flotta. Nella poppa finale è stato chiaro il successo della strategia italiana: nessuna possibilità per gli inglesi di mettere almeno cinque barche tra loro e gli azzurri. Al taglio della linea Ruggero Tita e Caterina Banti erano sesti, subito alle spalle dei rivali britannici. La festa poteva partire: la vela italiana vince un oro olimpico che mancava da Sydney 2000, con Alessandra Sensini nel windsurf. In assoluto è il quarto oro, dopo quelli dell’8 metri “Italia” nel 1936 a Berlino timonata da Giovanni Leone Reggio, della Star di Agostino Straulino e Nicolò Rode a Helsinki 1952, e del Mistral di Alessandra Sensini a Sydney 2000.

La giornata a Enoshima è stata intensissima: dopo la regata e le prime feste in mare, al rientro in porto Ruggero e Caterina sono stati accolti dagli altri velisti del team azzurro rimasti in Giappone, con cori e bandiere. In mezzo a loro anche un tifoso speciale, giunto al porto olimpico in gran segreto, il presidente del CONI Giovanni Malagò, che ha festeggiato con il presidente FIV Francesco Ettorre, il DT Michele Marchesini, i tecnici e gli atleti.

Dopo la Mixed Zone e le dichiarazioni ai media, con numerosi italiani giunti da Tokyo per assistere alla finale dal mare, è arrivato il momento della cerimonia delle medaglie, che sono state consegnate proprio da Giovanni Malagò, membro italiano del CIO. La bandiera italiana è salita sul pennone più alto e l’inno di Mameli è stato cantato a squarciagola da tutti i componenti del team.

La lunga giornata della vela italiana e delle medaglie d’oro Ruggero Tita e Caterina Banti è proseguita con la conferenza stampa nel press centre, e poi con la serata a Casa Italia a Tokyo, dove i velisti azzurri sono stati accolti da grandi protagonisti.

LE PRIME DICHIARAZIONI

Ruggero Tita “La medaglia? E’ pesantissima, non credevamo. Sto lentamente realizzando che siamo entrati nella storia, e questo fa molto piacere! Dedichiamo la medaglia a tutti quelli che ci sono stati vicini e ci hanno aiutato, credendo in noi. E’ stata una lunga marcia, un quadriennio lungo con molte soddisfazioni e qualche salita da superare. Un risultato come questo è il frutto di tanti dettagli e un lungo lavoro. Poi una volta realizzato il successo pensiamo già alle prossime sfide!

“La regata di oggi è stata forse la più facile di tutta la serie, una passerella in cui abbiamo controllato i nostri avversari, un compito relativamente facile rispetto a tutta la settimana. Ci potevano essere vari scenari, ma alla fine si è verificato il più semplice: stare vicino a loro e non lasciargli alcuna via di fuga, allo stesso tempo tenersi lontani, il controllo è stato a distanza per non rischiare, perché il rischio più grosso per noi era la squalifica, o la partenza anticipata. La nostra partenza oggi credo sia stata la mossa decisiva.

“Con gli inglesi c’è un rapporto di grande amicizia, siamo stati compagni di lavoro e di allenamento, un gruppo di lavoro che ha dato i suoi frutti, penso ci sia una grandissima stima reciproca e una grande amicizia. Santiago anche lui si è allenato con noi nel periodo siciliano, è un grandissimo atleta, penso che ci abbia insegnato tanto, ha dimostrato tantissimo al mondo della vela, facendo vedere che a qualsiasi età si possono vincere medaglie, grande stima per lui.

“Futuro? Non ne abbiamo ancora parlato, guardiamo avanti, abbiamo subito degli appuntamenti in calendario, io farò il Mondiale Moth a Malcesine, Caterina verrà sicuramente a darmi una mano per prepararlo, e poi a dicembre faremo il Mondiale Nacra in Oman. L’esperienza con Luna Rossa mi ha aiutato per l’aspetto del lavoro di squadra, potrebbe esserci un seguito, ma sicuramente guardiamo a Parigi 2024.”

Caterina Banti: “Non saprei dire in quali aspetti siamo stati superiori agli avversari, non ci abbiamo pensato, abbiamo cercato solo di navigare sempre al meglio, di dare il massimo in ogni singola regata, prova per prova, abbiamo dato il cuore, l’anima. La nostra velocità sicuramente ha fatto la differenza, ma abbiamo anche fatto tutto il modo pulito, commettendo pochi errori.

“Se hai un obiettivo comune, dai il 300%, alla fine le cose vengono se entrambi si impegnano. Come uomo e donna ci completiamo, dove non arriva lui arrivo io e viceversa. Siamo entrambi molto impulsivi, ma a volte lui riesce a tenere più la calma e tranquillizza me, altre volte il contrario. Sono cinque anni nei quali abbiamo dedicato la nostra vita a questo obiettivo, non solo in acqua ma anche a casa, aspetti organizzativi, lavori sulla barca, palestra, è qualcosa che ha preso la nostra vita a 360 gradi.”

Presidente FIV Francesco Ettorre: “Una medaglia attesa da tanti anni, con trepidazione perché il movimento era pronto per avere questa grande soddisfazione ma non arivava mai, credo sia doppiamente bello perché è stato conquistato in una classe regina come il catamarano, da un equipaggio misto, e con una vittoria indiscutibile, dominando per tutta la regata olimpica.

“Sono felicissimo perché il gruppo che si è creato potrà dare ancora tanto, l’età media dei velisti è molto giovane, c’è stato un lavoro di squadra incredibile, mi auguro che questa medaglia possa aprire un ciclo per la vela italiana. L’oro di due campioni come Ruggero e Caterina puo’ essere motivo di slancio per la vela italiana, dalle classi olimpiche fino alle scuole vela, tutto il grande lavoro dei nostri club.”

The Tokyo 2020 Olympic Sailing Competition will see 350 athletes from 65 nations race across the ten Olympic disciplines. Enoshima Yacht Harbour, the host venue of the Tokyo 1964 Olympic Sailing Competition, will once again welcome sailors from 25 July to 4 August 2021. 03 August, 2021 © Sailing Energy / World Sailing

TOKYO REFLECTIONS – Iniziamo dal presente: oggi le due medaglie d’oro sono giustamente richiestissime e contese. Tutti vogliono Ruggero e Caterina ospiti in radio o tv, o a parlare in un circolo velico, o a premiare in un campionato. E’ sacrosanto, e dovrà anzi aumentare, questo momento di attenzione. Non è semplice popolarità, è grandezza. Vi rendete conto di quanto abbiamo parlato per decenni di Agostino Straulino e Nico Rode? O di Giovanni Leone Reggio? E della stessa Alessandra Sensini…

Le medaglie – d’oro, poi – nella vela italiana sono talmente rare da creare una venerazione che diventa soggezione. Ruggi e Cate (tra poco parleremo del modo in cui sono diventati campioni olimpici) stanno lentamente comprendendo l’entità di quanto fatto. E allo stesso tempo, per età, cultura personale (sono entrambi laureati), caratteri, prospettive future, stanno facendo una cosa sensazionale: normalizzare la medaglia d’oro olimpica. Che non è certo sminuire il trofeo (impossibile), ma è un esercizio di inquadramento, di razionalizzazione, condito con interventi di grande impatto: come quello sulla sportività, rispondendo a qualche provocazione giornalistica sull’aver battuto gli inglesi, l’ingegner Tita e la dottoressa Banti hanno parlato di rispetto dell’avversario, spirito olimpico, vincere con eleganza, e lo stile peculiare dello sport velico rispetto ad altri.

Un processo che va favorito e gestito, perché in ultima analisi puo’ tradursi in una crescita personale e collettiva di un team, e quindi nel rendere meno astratti e lontani nel tempo i successi olimpici. Non a caso, smaltita la prima fase febbrile di inviti e premiazioni, e lasciati passare un Europeo e un Mondiale postolimpici obiettivamente scarichi di significati (e con pochi concorrenti), Titabanti (una cosa sola, sportivamente parlando) si sono rimessi in barca e tra Gaeta e Cagliari hanno tranquillamente ripreso la marcia che ha una nuova destinazione: Marsiglia, Parigi 2024.

Ora veniamo ai Tita-Banti dei giorni di Enoshima, quando è stato scritto un pezzo di storia. Avevano vinto tanto nel quadriennio, è vero, erano la coppia da battere, i più studiati e imitati (senza successo) dagli avversari. Ma questo non basta a blindare un oro, a renderlo certo. In acqua ci si deve andare, col vento e le onde si devono fare i conti, gli avversari non sono quisquilie, stanno lì anche loro e vogliono batterti e vogliono vincere.

In questo senso la medaglia di Enoshima si puo’ leggere in un altro modo. Una coppia di atleti di talento, che ha saputo partire con i tempi migliori nello studiare la novità foil sul Nacra 17, ha continuato a sviluppare e ricercare, ha trovato soluzioni tecniche e strategiche che li ha fatti diventare il riferimento della flotta. Vincere tre europei e due mondiali, varie coppe del mondo e il test event olimpico, nonché per tre volte il premio del Velista dell’anno FIV, sono tutte prove disseminate nel cammino, e ora è facile ritrovare la strada. Eppure, analizzando la vittoria olimpica si nota che il comportamento dei due azzurri, rispetto agli avversari, è stato persino più dominante che nel resto del quadriennio.

Ruggi e Cate negli anni passati hanno anche perso, o regatato male in alcuni eventi importanti. Hanno sofferto la concorrenza rampante di Vittorio Bissaro e Maelle Frascari, mondiali nel 2019 rimettendo in discussione la selezione per Tokyo 2020. Hanno vinto campionati e titoli anche all’ultima regata, o per Medal annullate, insomma hanno vinto, sofferto, perso, rivinto. Sempre forti e rispettati, ma mai dominanti nella modalità schiacciante vista a Enoshima, quando non hanno mai dovuto strafare, sono stati equilibrati in tutto, persino nella gioia del trionfo. Resterà celebre l’audio dei due azzurri sul traguardo della Medal: lui che impartisce impassibile un paio di richieste (“stramba”, “tira giù”) e poi con nonchalance se ne esce così: “Sembra che abbiamo vinto l’oro”.

E’ successo qualcosa a loro o ai loro avversari? Impossibile la seconda ipotesi, impensabile che fuoriclasse (e medaglie olimpiche) come Lange, Waterhouse, Zajac, Pacheco, Delapierre siano tutti insieme peggiorati di colpo. Più verosimile che i nostri abbiano azzeccato tutte le mosse per arrivare al top nei giorni decisivi. Mosse logistiche, tecniche e di materiali, di gestione psicologica. Ruggero e Caterina dei giorni olimpici sono un caso da studiare per il livello di concentrazione. Hanno ripetuto come un mantra fino alla fine che erano lì solo per dare il meglio prova per prova senza sovrastrutture mentali, e lo hanno applicato alla lettera, senza flessibilità, rigidi, come due bravi samurai. Mica facile.

Per fare questo è necessario trovarsi in un ecosistema che ti tutela, ti difende e ti supporta. Una squadra unita e giovane che si vuole bene è la base, uno staff di livello ad aiutare fa il resto. Approccio e contorno, oltre alla tecnica, alle capacità veliche e atletiche straordinarie dei due, sono gli ingredienti che hanno scavato il solco con gli altri equipaggi. La testa come arma vincente, dunque, al contrario di altre volte quando ai Giochi era invece stata l’arma perdente. E’ un tema caldo e quindi da approfondire. Che ha trovato alle Olimpiadi nella nostra squadra tante conferme, piacevoli, e purtroppo due eccezioni. Dolorose.

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